L’attesa qui alla Mostra del Cinema di Venezia per l’esordio sul grande schermo di Lady Gaga è stata condita da tutti gli elementi tipici del fenomeno del divismo da “Star System”, caratteristica ormai indissolubilmente legata al nome di Stefani Angelina Germanotta. Ecco che quindi anche i grigi e occhialuti critici cinematografici si ritrovano accanto ai fan urlanti che già a dozzine hanno assiepato i luoghi di passaggio previsti per la “Star delle Star”, dalla sala stampa fino al red carpet, per vedere da vicino il fenomeno pop di cui Alessandro Alfieri rintraccia i paradigmi estetici e filosofici nel suo ottimo “Lady Gaga, la seduzione del mostro”. La quinta scenica lagunare diventa così un’appendice a quanto visto nel film, che ruota intorno al viaggio di costruzione e contemporanea de-costruzione dell’eroe pop.

Lady Gaga nel ruolo che fu di Barbra Streisand

L’esordiente alla regia Bradley Cooper, nel riprendere in mano il soggetto del 1976 che vedeva Barbra Streisand e Kris Kristofferson protagonisti (il tema, non casualmente, è stato trattato in diversi film dagli anni ’30 a oggi, evolvendosi insieme ai medium di diffusione dell’immaginario legato alla figura della pop star), mette in scena la fiaba del brutto anatroccolo, ritagliata su misura per Lady Gaga, ma anche la deflagrazione di una vita che, segnata da alcuni traumi mai superati, si trova amplificata nelle sue voragini proprio a causa della notorietà e della propria arte. Accade infatti al personaggio di Bradley Cooper, cantautore amato da orde di fan, di lasciarsi andare alla deriva del proprio abisso, nonostante l’arrivo della nuova “Stella”, che lui contribuirà a rendere tale.

Il sogno (americano) raccontato in decine di film, serie tv e produzioni animate, se sulle prime sembra dipanarsi in una narrazione classica e senza particolari sussulti registici o narrativi, mostra nella seconda parte una maggiore profondità, con passaggi che richiamano il cinema di David O. Russell (regista che ha lavorato molto con Cooper attore), e con l’interesse catalizzante per i passaggi della storia della protagonista.

Ally, cameriera con un grandissimo talento nella musica, vede irraggiungibile la possibilità di sfondare nello showbiz, ma l’incontro con il famosissimo cantautore Jackson Maine (Cooper), con il quale intraprenderà una intensa storia d’amore, cambierà tutto, trasformando Ally in una vera e propria “Star” in grado di conquistare un Grammy Award. Nella prima parte il film non lascia molto spazio ad altre possibilità. Da subito si capisce che Ally sta per avere un cambio radicale. Cooper infatti non indugia molto sulla vita quotidiana della protagonista, focalizzando invece le scene (e i brani musicali molto evocativi) sull’ascesa della “Stella”, mentre allo stesso tempo Jack, dipendente da alcool e stupefacenti, vede il successo logorarlo e alimentare i suoi demoni, che nonostante l’amore di Ally (o forse anche a causa dell’amore di Ally) lo costringeranno a decisioni definitive.

La pop star messa a nudo

Se Bradley Cooper esplora la psicologia di un personaggio tormentato, Lady Gaga racconta se stessa. Gli inizi, le difficoltà del rapporto col proprio fisico, l’ascesa, il travestimento e il gioco da palcoscenico, il fenomeno che conquista le folle. Bradley Cooper gioca tra realtà e finzione hollywoodiana, scegliendo Lady Gaga proprio per ciò che rappresenta dentro e fuori dal film, ponendola di fronte alla macchina da presa senza trucco, mostrandone tutti i limiti fisici, dissezionando scientificamente il fenomeno per poi ricostruirlo, mostrando come non l’oggetto in sé, spesso banale e limitato (le dodici, ripetitive note musicali), ma il modo con cui l’artista interpreta e rielabora l’oggetto che lo rende unico.

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