A rivelare la notizia è stata Horvarth & Partners: entro sei anni i cieli delle più importanti metropoli del mondo (la FAZ ipotizza come prime Shangai, Pechino e Manila), potrebbero essere attraversati da taxi volanti.

Non si tratta di una idea bislacca di una startup. Perché alla ricerca sono impegnati giganti del settore: da Intel a Uber, da Microsoft ad Audi a Daimler.
Ecco, il prototipo di Audi. Si tratterebbe di un piccolo velivolo elettrico  con 4 rotori. Quello della Daimler invece ha delle minuscole eliche. È ancora tutto una roba un po’ Oblivion. Ma secondo lo studio di Horvarth, saranno 23.000 i velivoli entro il 2035.

Jeff Holden, chief product officer di Uber, ha spiegato che «in una città come Los Angeles, le persone trascorrono due settimane l’anno in mezzo al traffico. Ci siamo abituati ad accettare questa congestione estrema, con tutto quello che ne consegue in termini di emissioni di gas serra e impatto ambientale».

Già Los Angeles e non Manhattan. Perché è proprio la sprawl, modello architettonico e concettualizzazione della forza attiva dello spazio vuoto, contro il manhattismo (secondo le riflessioni di Venturi, Scott-Brown e Rem Koolhaas).

C’è un problema pratico (il traffico), è vero. E poi c’è un problema concettuale, che attiene alla risemantizzazione dello spazio urbano. Perché se gli eVtol (eletctic vertical takeoff and landing, si chiamano così) dovessero davvero entrare nella routine dei cittadini (a prezzi contenuti come promette Uber) obbligherebbero a una nuova esperienza dell’abitare. Una terza posizione sintetizzante tra la bigness verticale di New York e la sprawl orizzontale (tutta giocata sulla strip) di Las Vegas: la città come frattale del mondo.


 

Matteo Sarlo è nato a Roma nel 1989, dove vive e lavora come Editor.
Nel 2018 ha pubblicato Pro und Contra. Anders e Kafka.
Ha scritto per diverse riviste filosofiche, di critica cinematografica, viaggi, cronaca e narrativa urbana.
È fondatore di Globusmag.it

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