Al centro è il concerto-evento di Claudio Baglioni svoltosi all'Arena di Verona e trasmesso da Rai 1 sabato 15 settembre. Baglioni ha dimostrato (ancora una volta) di essere bravo, un grande professionista, allenato, preparato. Forse potrebbe smettere di insistere troppo sulla rifigurazione dello spazio scenico declinata secondo la centralità, Al centro appunto, visto che quest'idea la porta avanti dagli inizi degli anni '90 ed è passato qualche decennio ormai.

Fondamentalmente si è trattato di uno spettacolo televisivo in musica, condotto e animato dal cantautore romano che ha dimostrato in qualche modo di essere l'artista italiano affacciatosi meglio di tutti gli altri al nuovo millennio. L'artista che meglio di tutti tiene insieme la dimensione popolare e nazionale. La voce, certo, non è più quella di una volta. Considerando l'età (67 anni), la mobilità in scena e la difficoltà di un repertorio molto sfidante a livello canoro, il risultato è stato notevole.

Di questo spettacolo quindi cosa ha funzionato e cosa no?


Quattro aspetti positivi

  • La profondità del repertorio musicale. L'accusa di essere troppo semplice e popolare che si è trovato a contrastare per anni, soprattutto agli inizi della carriera, ora è la sua salvezza. Tutti, anche in maniera irriflessa, conoscono le sue canzoni.
  • La sicurezza dello spazio scenico. Baglioni si muove bene. sa come gestire la centralità della sua figura, avvicinandosi ai lati, ammiccando, utilizzando gli angoli. E dialogando con le presenze dinamiche che animano il palco.
  • La perfezione dell'organizzazione. Luci, sonoro, coreografia sono pensati per la resa televisiva e restituiscono uno spettacolo preparato bene, con attenzione e cura. Perché l'intrattenimento è un lavoro da professionisti, una vera industria spesso troppo sottovalutata.
  • La limitazione delle parole. Baglioni ha parlato poco, non ha fatto sermoni. Ha rotto l'atmosfera musicale solo con parole di raccordo, elementi ponte per condurre da un elemento all'altro. Fortunatamente non per spiegare o pontificare - tentazione verso la quale i cantanti inclinano sempre molto spesso.

Quattro elementi negativi

  • La scelta conservativa del repertorio. Si tratta di un vero e proprio concerto "all hits", tutti i grandi successi. Quasi un voler andar sul sicuro, scegliendo ciò che si sa già che piace, senza la volontà di sperimentare un po’ (anche negli arrangiamenti) e andare più in là del già noto.
  • La mancanza di un percorso narrativo. La decisione di seguire la cronologia della produzione è una scelta legittima, ovviamente significante in sé grazie allo scorrere successivo del tempo. Rimane tuttavia un approccio conservativo che non riesce a valorizzare la ricchezza tematica della produzione baglioniana e, soprattutto, non offre chiavi di lettura nuove agli ascoltatori.
  • Il passaggio degli anni '80. Gli anni dal 1981 (Strada facendo) al 1990 (Oltre), passando per il 1985 (La vita è adesso) sono il decennio assoluto della grandezza baglioniana, forse il decennio più alto che un artista italiano abbia avuto. Avrebbe la possibilità di trasformare questa ricchezza per rileggere un decennio chiave della storia e del costume italiano e invece butta un po’ via questa potenzialità, insistendo per lo più sui successi commerciali di La vita è adesso.
  • La maledizione di Oltre. Il doppio album del 1990 è il punto più alto della produzione di Baglioni, un disco incredibile, ricco di temi, di sfumature musicali. In poche parole, un capolavoro, unico e spiazzante. A tal punto sorprendente da cogliere alla sprovvista gli stessi fan, determinando così uno scarso successo di vendite (rispetto a quanto previsto). Da allora Oltre è sempre tenuto un po’ in disparte, eccezion fatta per Mille giorni di te e di me. Ecco, rimettere al centro questo album con i molteplici percorsi narrativi e musicali che da esso dipartono sarebbe il passo decisivo verso una completa consapevolezza autoriale.

Baglioni ha la capacità e la maturità artistica per compiere, nel prosieguo della carriera, quest'ulteriore passo.

 

Foto: Pagina Facebook Claudio Baglioni

Salvatore Patriarca

Giornalista, filosofo, imprenditore. Il suo ultimo libro è Il digitale quotidiano (Castelvecchi).

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