Dallo spot girato da Ridly Scott nel 1984 e mandato in onda durante il Superbowl, sono passati 34 anni. In questi anni Apple ha speso sempre molto (molto tempo, molto denaro, molte energie) nella costruzione dei suoi spot. Il messaggio dei suoi video si è sempre imperniato su due direttrici:

  • La direttrice temporalità

  • La direttrice creatività

Esempio direttrice temporalità
Scott decide di ambientare il suo spot in un futuro distopico, platealmente un richiamo al romanzo di Orwell. L’umanità è ridotta ad essere prigioniera del grande fratello televisivo. A montaggio alternato una folla di automi marcia verso l’enorme schermo e contemporaneamente una ragazza, unica colorata come il simbolo della Apple, corre con un martello in mano per poi lanciarlo e distruggere lo schermo. Lo spot finisce con il seguente messaggio: «Il 24 gennaio Apple introdurrà Macintosh. E capirete perché il 1984 non sarà come “1984”».

Qui la direttrice solcata è senza dubbio quella “temporalità”. Con tutta evidenza gli anni ottanta sono gli anni in cui la tecnologia non è ancora esplosa a livello di massa ma che già ne conservava le promesse. C’era non l’onnipresenza della tecnologia (tema eminentemente contemporaneo) ma il suo elemento emancipatore (tema originario). Prima ancora che la tecnologia si rivelasse in tutti i suoi aspetti, invadenti e pervasivi e non liberatori, Apple ci dichiarava che l’immaginario futuro degli anni ottanta era l’immaginario di un mondo ancora capace di immaginare.

Esempio direttrice creatività
Facciamo un salto temporale. Per pubblicizzare l’uscita del nuovo modello di iPad Air, la Apple gira uno spot in cui la voce ripete il monologo del professore di letteratura John Keating, interpretato da Robin Williams in Dead Poet Society, che a sua volta cita il poeta Walt Whitman. Cosa ci dice Apple costruendo la sua strategia di marketing attraverso le parole di un poeta? Ci sta dicendo che questi oggetti non sono per i nerd, non sono per gli ossessionati dei chip e delle ram, ma sono per i creativi. Apple non vuole entrare (non solo) nelle case degli ingegneri, vuole entrare nelle case di tutti (che tutti possano essere poeti, è questione assai discutibile ma tant’è). Apple esce dal mondo delle macchine e entra, de facto, nel mondo della cultura.

«Condividi i tuoi doni»: la sintesi.
È uscito da pochi giorni il nuovo video made in Cupertino, titolo: «Condividi i tuoi doni». Trama: C’è questa ragazza che ama scrivere e passa tutto il suo tempo (tutto il tempo quando non lavora in un forno) a scrivere su fogli di carta. Non è granché soddisfatta, ma una volta finito ripone tutti i fogli dentro una scatola turchese. Poi la chiude con un nastro e la blocca con una fermaglio per capelli. E così ogni giorno. Una sera poi il cane da un colpo alla finestra prima che lei chiuda la scatola. I fogli volano per tutta la citta, lei schizza a rincorrerli. Si ferma soltanto quando vede che una coppia di anziani apprezza il racconto, sotto una ruota panomarica tutta addobata per le feste. Si rincuora, e allora decide di consegnargli il resto. Fine.

Quello che colpisce è l’arcaismo complessivo: c’è la scrittura, c’è la carta, ci sono i vecchi, c’è la comunità. Come se i doni da condividere fossero cose del passato. E qui si genera il cortocircuito: il futuro come passato. La tecnologia evoluta, la tecnologia del futuro, è già tua, come la carta, come la ruota, come i nonni. Eccola qua, la cara direttrice temporalità.

Qual è però lo scarto concettuale di Apple? Tutte queste cose insieme non bastano. Tutte queste cose insieme non creerebbero “collante” se non fossero tenute strette da un unico fattore. L’elemento artistico, qui declinato nella sua versione più “artigianale”. Anche da un punto di vista architettonico, ci sono i tetti a spiovente, c’è la città che sembra una Parigi anni 20, c’è la mansarda e le vetrate. Il making of del video poi chiarisce come per girare si sia scelto di ricreare fisicamente il modellino della città e di lavorare solo successivamente in post-produzione. Quello che si cercava era allora,  in altri termini, il genius loci, cioè il calore creativo della casa. Rafforzato dall’uso esclusivo di colori caldi.
Eccola, la direttrice creatività.

Cosa ha fatto allora Apple? Ha preso le due direttrici su cui ha fondato la sua strategia di comunicazione e l’ha fuse in unico spot. Qual è la differenza?
Sul piano temporale, ha creato un cortocircuito: il futuro non è più quello creato dall’immaginazione ma quello gestito dal ricordo.
Sul piano creativo, ha “abbassato” il registro: dall’arte all’artigianato, da Walt Whitman alla ragazzina con un sogno. Perché? Perché Apple non è per il poeta, ma è per il poeta prima che diventi poeta. È il modo in cui il poeta trova la sua voce.

Detto che questo accento sulla sovrapposizione tra “condivisione” e “creatività personale” sembra tanto l’inserimento di una ulteriore strategia di spinta verso i servizi (visto che il servizio davvero ognuno lo utilizza a modo suo): meno oggetti, più servizi.

CREDIT PHOTO: www.apple.com

Matteo Sarlo è nato a Roma nel 1989, dove vive e lavora come Editor.
Nel 2018 ha pubblicato Pro und Contra. Anders e Kafka.
Ha scritto per diverse riviste filosofiche, di critica cinematografica, viaggi, cronaca e narrativa urbana.
È fondatore di Globusmag.it

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