illustrazione di Matteo Sarlo

La cosa è andata più o meno così. Nel 2003 David Grann pubblica sul New Yorker un articolo intitolato The Old Man and the Gun. È la storia di Forrest Tucker, un rapinatore di banche che è stato dentro per diciassette volte e per diciassette volte è evaso. Il 31 agosto 2018 David Lawry presenta in anteprima al Telluride Film Festival un film basato sull’articolo di Grann. Sempre nel 2018 Robert Redford dichiara che si ritirerà dal cinema (come attore), ma non prima di interpretare Forrest Tucker nel film di Lawry. Poi David Remnick del New Yorker (e Pulitzer nel 1994) intervista Redford e gli chiede perché ha deciso di fare un altro film su un tipo fuorilegge.

Da The Chase a Sundace Kid a Butch Cassidy, Redford sembra avere una specie di fissa per i personaggi outlaw. Quando Remnick gli chiede perché lo affascinano tanto, Redford risponde così:

Penso che abbia a che fare con la mia sensibilità e con il modo in cui sono cresciuto. Non ho mai infranto la legge ma non sono mai neanche stato costretto dalla legge. Ho sempre voluto stare un pizzico fuori dalla legge per ottenere quella libertà che non puoi avere se ci stai troppo dentro.

Una questione di sensibilità
Una questione di sensibilità. Di certo una sensibilità che lo contraddistingue da sempre.
Quando Redford legge per la prima volta il copione di The Chase ha trent’anni. Legge la storia di Calder, uno sceriffo texano di una piccola cittadina, messo sotto pressione da tutta la comunità perché deve trovare Bubber Reeves, un detenuto scappato di prigione.
Redford alza la cornetta del telefono per chiamare Meta Rosenberg.

RR: «Faccio il film, ma voglio interpretare Bubber Reeves»
MR: «Ma sei fuori di testa, è la parte più breve. Quel tipo non si vede se non alla fine, o quasi».

Dei cinque mesi di riprese Redford è stato sul set solo cinque settimane. A tutti gli effetti una scelta sconsiderata. Ma cosa aveva visto quel ragazzino in Bubber Reeves e cosa continua a vedere oggi un uomo di più di ottant’anni in Forrst Tucker?

Legalità e giustizia
Quel che ha capito Redford è il punto più delicato nella storia della filosofia del diritto, il rapporto tra legalità e giustizia. Per quanto banale possa apparire, i due non sono sinonimi. Giusto per fare un esempio, le leggi razziali erano legali ma non per questo giuste. Oppure per rovesciare il quadro: Lincoln che compra i voti per ottenere l'approvazione del tredicesimo emendamento che abolisce la schiavitù. Non era legale, ma giusto.

Una questione di libertà
Il punto è il rapporto tra l’individuo particolare e la società generale. Hobbes era convinto che l’ingresso nella realtà civile, post patto, coincidesse con un processo di riduzione dell’uomo. Prima avevi tutta la libertà del mondo ma con il rischio di essere ucciso in ogni istante, poi la sicurezza della vita ma meno libertà. Una sorta di concessione di diritti naturali in cambio di diritti positivi: libertà, al prezzo della salvezza. Secondo Rousseau, invece, il punto è la conservazione della libertà naturale nel suo complesso. Il paradosso è che la libertà naturale, di azione dell’individuo, il suo egoismo si potrebbe dire in termini più rozzi, viene conservata proprio attraverso la costituzione della comunità politica come corpo morale e collettivo.

Libertà è società
Un modo di pensare vicino a quello hegeliano e che chiama in ballo la nozione di spirito. Lo so, sembra una roba tipo Verdone e i figli dei fiori. Ma non è così. Spirito ha a che fare con tutti quei processi soggettivi, oggettivi, in parte naturali, che consentono alla libertà di esplicarsi nel mondo. La libertà si offre in forme comunitarie, attraverso la sua socializzazione. E quindi spirito significa la riproduzione di significati storici attraverso la costruzione di forme sempre più complesse di comunità.

Questo è come la pensava Hegel, almeno. Quel che accade poi è che la realtà non è perfetta, e tradisce i suoi stessi criteri di esistenza. E allora che fare, se la legge ti comanda qualcosa di iniquo?

Lì è una questione di come guardi il mondo e di sensibilità. Certe volte dipende soltanto da questo. A Forrest Tucker piaceva starci dentro, per evaderne poi.


 

Matteo Sarlo è nato a Roma nel 1989, dove vive e lavora come Editor.
Nel 2018 ha pubblicato Pro und Contra. Anders e Kafka.
Ha scritto per diverse riviste filosofiche, di critica cinematografica, viaggi, cronaca e narrativa urbana.
È fondatore di Globusmag.it

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