Due cose sopra ogni altra richiedono cura, comprensione e costanza: le relazioni sentimentali e le trasformazioni corporee. È un punto che si coglie con forza osservando l’account Instagram di Lexi Reed, “fatgirlfedup, giunto alla soglia del milione di follower. Lexi è una ventisettenne dell’Indiana che ha usato (come molti altri) Instagram per raccontare il suo processo di dimagrimento: 312 libre (142 Kg) perse in due anni, “naturally by diet and exercise”.

Tra i commenti ai post in cui Lexi condivide i suoi pasti, i suoi allenamenti, i suoi progressi, la sua “trasformazione”, non si può non notare il senso di comunità che si è creato attorno alla sua storia. Lexi è indubbiamente un’influencer, in grado, tramite la pubblicazione della sua vita privata, di creare ed aggregare opinioni. Lei stessa afferma come i social media servano a “don’t feel alone”: riconoscimento, identificazione ed ispirazione sono le dinamiche al centro del rapporto (reciproco) con i suoi followers.

Ma al di là di questo, l’uso di Instagram può dire qualcosa circa la natura della trasformazione corporea stessa e dunque del rapporto con il “proprio” corpo?  È semplice “racconto” del dimagrimento oppure ne è, a qualche livello, una “parte integrante”?

Il corpo: oggetto “del” soggetto o “altro soggetto”?

Apparentemente, dimagrire è una cosa semplicissima. Che ci vuole? Basta prendere appuntamento con uno specialista, farsi assegnare un regime alimentare, seguirlo scrupolosamente ed eseguire un po’ di attività fisica. Se si considera il corpo come un semplice oggetto “modellabile” secondo la propria volontà, la ricetta per dimagrire è facilmente ricavabile da numeri, formule, protocolli. Ma questo è soltanto un lato, il lato “astratto”, della faccenda.  

Il proprio corpo non è infatti una semplice “cosa che si ha”, ma è un vero e proprio “altro che si è”: non se ne può semplicemente disporre come uno strumento “esterno” (è parte di “chi” siamo), eppure, al tempo stesso, non è nemmeno trasparente alla coscienza “interna” (con cui si è soliti far coincidere la soggettività, “chi si è”). Ne segue che dimagrire sia una cosa complicata. In alcuni casi, una sfida ai limiti dell’eroico.

Il corpo dunque non è meno “proprio” della volontà-coscienza. Per quanto si possa “rendere oggetto”, “mettere davanti agli occhi”, toccare e sentire, come gli altri oggetti del mondo, il corpo è sempre soggetto. Anche se non è pienamente aperto alla coscienza, non ne è estraneo e ne costituisce il punto ombroso. La coscienza infatti da una parte si sente attraverso il corpo, ma dall’altra non lo può comandare a bacchetta. Non può impedire che soffra (e di soffrire con lui), non può impedire che abbia dei desideri (e di desiderare con lui), non può impedire che contraddica i suoi comandi (e infrangerli con lui).

Il rapporto della coscienza-volontà col corpo è dunque simile ad un rapporto dialogico tra pari, tra interdipendenti, in cui entrambi sono posti nella condizione di dovere e potere ricercare un’armonia, un accordo.  Un buon modo per portare qualcuno dalla propria parte non è tanto l’imposizione, la rigidità del comando, quando il coinvolgimento all’interno di una storia comune.

Instagram: lo spazio ed il tempo del racconto

Un profilo Instagram, per chi produce i contenuti e organizza la pubblicazione dei post, può fornire proprio lo spazio e il tempo tramite cui raccontare un processo.  In genere si è abituati a pensare ad Instagram come ad una raccolta disomogenea e casuale di istanti: ognuno vive la propria vita ed intanto alcuni frammenti ritenuti significativi si accumulano sul profilo. Ma al contrario la griglia dei post, “in fila per 3” e disposti in ordine cronologico, può essere sfruttata per riassumere e sintetizzare un’esperienza complessa in una storia coerente.   

È proprio questo il caso di Lexi. La trasformazione del corpo viene organizzata narrativamente ed in modo apparentemente lineare tramite Instagram. Le tappe del percorso si susseguono e sembrano andare naturalmente, per semplice inerzia, sempre verso il meglio. In questo modo, il “racconto” retroagisce sul "processo": Instagram non è più semplicemente un modo per raccontarsi pubblicamente, ma diventa la forma stessa del processo, il modo tramite cui il soggetto vive quell’esperienza.

Sentire di dover soddisfare la coerenza, le esigenze di questa forma del racconto pubblico, può essere un elemento che contribuisce a rinforzare la costanza necessaria per “trasformarsi”. Le immagini, le parole e la linearità della “griglia” di Instagram diventano così segni che si inscrivono nel corpo, che contribuiscono a (ri)formare il rapporto del soggetto con il proprio lato più ombroso. Oltre che allenandosi e seguendo la dieta, nell’epoca dei social si dimagrisce (anche) raccontando.

Andrea Ferretti è laureato in filosofia con una tesi sul Senso Comune nel pensiero di G. B. Vico. È appassionato di calcio, folklori contemporanei e giochi di ruolo.

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