La comparsa della bottiglia d’acqua Evian Chiara Ferragni edition” sui social è stato il più classico degli “elefanti in una cristalleria”. Un elefante anch’esso di vetro, ma non per questo meno ingombrante, chiassoso e divisivo. Il caso è oramai notissimo: 75 cl di acqua minerale, confezionata in una bottiglia brandizzata dalla Ferragni, possono costare 8 euro? Ovviamente si, tanto costano e a tanto vengono vendute. Questo è semplicemente un fatto.

Le persone però muoiono di sete. Si tratta allora di qualcosa per cui valga la pena indignarsi o parlare di “moralità”? Ovviamente no, a meno che non ci si voglia indignare anche perché le maglie delle squadre di calcio costano decine e decine di euro mentre le persone muoiono di freddo. Ma allora perché si è data tanta importanza alla questione, mentre tanti altri fenomeni analoghi sono avvertiti come legittimi o normali?

La logica dei social: tutto con tutto

Se la bottiglia incriminata non fosse stata rilanciata dagli utenti dei social, nessuno mai si sarebbe curato della cosa. Non a caso il putiferio è esploso con l’apparire di alcune foto “qualsiasi” delle bottiglie su degli scaffali “qualsiasi”, non con la loro effettiva commercializzazione (avvenuta circa un anno fa). Al di là di tutto, il messaggio apparso è stato: “la Ferragni crede di poterci vendere l’acqua a 8 euro solo perché è la Ferragni”.

Il feed dei social, la pagina su cui appaiono e scorriamo i contenuti, è il luogo in cui tutto si mischia con tutto. Tutto può apparire a sopra/sotto ogni cosa: perdere le distinzioni, la differenza tra i contesti e i fini di ogni contenuto è facilissimo. Siccome tutto appare con tutto, sembra che tutto si possa mettere immediatamente in relazione con tutto. Con l’ovvia conseguenza di finire col sommare le mele e le pere, i litri e i kili, una semplice strategia di marketing con problemi ecologici e politici di portata globale…

Cos’è infatti Evian? Un brand francese di acqua “premium”, settore che copre circa il 5% del mercato mondiale (12% in valore) delle acque in bottiglia. A chi si rivolge? Principalmente a mercati nordamericani e asiatici nei quali, a causa della scadente qualità della rete idrica, le persone benestanti percepiscono l’acqua “di marca” come uno status symbol e una effettiva garanzia di qualità. Qual è la relazione tra questo mercato, le sue strategie di marketing, e il tema dell’”acqua pubblica” o delle siccità che si soffrono in giro per il mondo? Nessuno. A meno di non voler connettere direttamente anche la partnership Nike/AS Roma e il problema della povertà: come è possibile che l’ultima maglia della Roma costi 86 euro quando ci sono persone che muoiono di freddo (o di sete, la connessione non cambia)?

Il problema dell’influencing: il valore del valore

È necessario notare a questo punto che nessuno si scandalizza per la foto sui social del nuovo “home kit” della Roma. Allo stesso modo non si è fatto un caso delle precedenti collaborazioni di Evian con brand come Kenzo, Christian Lacroix e Jean Paul Gaultier, tutte lanciate sul mercato con prezzi analoghi. E ciò avviene perché le squadre di calcio e le grandi firme della moda significano tante cose oltre la loro semplice materialità. Sono insiemi di immagini, emozioni, bellezze, memorie, identità.

In questi casi, Roma e Nike, Evian e Kenzo, realizzano una somma di simboli che stravolgono il valore, e dunque il significato, dell’oggetto materiale in questione. Quella maglia non è più una maglia tecnica, né una semplice maglia; quell’acqua non è più una semplice acqua minerale, né una semplice acqua. La AS Roma e la sua maglia sono più del suo tessuto e della sua funzione immediata, così con l’acqua Kenzo è più della sua composizione chimica e della capacità di dissetare. Si tratta di un valore ulteriore rispetto a quello d’uso dell’oggetto ed ulteriore rispetto alle persone che lo hanno pensato, prodotto e firmato. Si tratta di un valore sociale condiviso che si traduce inevitabilmente in un prezzo diverso da quello d’uso.

Mentre nel caso della maglia della squadra di calcio si mantiene ancora un (tenue) rapporto tra valore d’uso e valore simbolico (i giocatori usano quelle maglie in campo), nel caso dell’acqua questo rapporto viene completamente meno. Invece che essere “ulteriore”, il valore sociale diventa del tutto “indipendente” dal valore d’uso (l’acqua non ha alcune connessione con il mondo della moda). Del resto l’acqua è per eccellenza ciò che appare “puro” e privo di caratteristiche proprie: un supporto (apparentemente) inodore, insapore ed incolore perfetto per dare spazio ad un tipo di valore completamente diverso ed immateriale.

Chiara Ferragni” è ormai un brand di successo internazionale oltre che una semplice persona, ma evidentemente non riesce, almeno in Italia, a suscitare questo genere di percezione; non riesce ad essere un valore che valga per tutti indipendentemente da dove è posto. È la conseguenza del suo essere nata come influencer. L’influencer instaura un rapporto diretto, personale ed orizzontale con i suoi follower; gli apre la sua vita e a ciò deve il suo successo. Ne segue però che, a causa di questa origine, il brand sarà sempre identificato con la persona, con il rapporto 1:1. Il valore dell’influencing è proprio nel non porre ulteriore valore e distanza tra l’influencer, il prodotto e il follower. Chiara è “una di noi” e tale rimane: non può permettersi di far valere l’acqua 8 euro, perché lei lo farebbe “solo perché è la Ferragni”.

Andrea Ferretti è laureato in filosofia con una tesi sul Senso Comune nel pensiero di G. B. Vico. È appassionato di calcio, folklori contemporanei e giochi di ruolo.

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