Agosto è il mese delle vacanze. E, con esse, del tormentone musicale. Quella canzone che si ritrova in ogni angolo di vita comune: al supermercato, nello stabilimento, in radio. Ci sono giorni in cui si ha la sensazione che non si possa fare a meno di sentire quelle parole e suoni, a meno che non si voglia rinunciare allo stesso vivere comune. Per l’estate 2018 si ripete, con la capacità di rassicurare che hanno le ripetizioni, la stessa situazione. Ci sono canzoni che si candidano a essere considerate il tormentone dell’anno. Tra le candidate c’è – con grandi possibilità di vittoria – Felicità puttana dei Thegiornalisti. Tommaso Paradiso, leader del gruppo, è emerso già da qualche anno come l’antenna musicale di questi anni, colui che sa intercettare il sentire comune e riversarlo con (apparente) semplicità nelle canzoni.

Felicità puttana è costruita così attraverso un’articolata commistione di visioni generali e particolari inutili che restituiscono un insieme di significati che riesce a essere, allo stesso tempo, profondissimo e del tutto insensato. La costruzione del testo si può articolare nella seguente scansione:

Prima strofa: Natura vs Civiltà

Questo è il fondamento stesso di ogni concezione di vacanza. Da un lato, c’è la civiltà con gli obblighi di comportamento che si porta dietro. Dall’altra, la libertà della natura che non impone regole. Nella contrapposizione dei due ambiti si crea l’anelare dell’al di là, l’attesa della liberazione che è il mare, che è la natura libera. Il traffico diventa allora accettabile, le macchine si configurano come lo strumento per raggiungere la meta. Il buonumore è l’implicito richiamo all’istintuale “buon selvaggio” che sa vivere libero da legami. E cosa c’è – come immagine – più soddisfacente del cielo tutto azzurro, privo di increspature, libero da confini, disposto ad accogliere sogni, pensieri ed emozioni, senza chiedere conto della sensatezza di essi.

Il cartello di Cali è un bordello
Meglio il traffico delle vacanze
Quelle code infinite di macchine
Che si vedono al telegiornale
Mi mettono di buon umore
Come gli stabilimenti balneari
E il cielo quando è tutto azzurro
E il cielo quando è tutto azzurro

E l’aria che sa di mare
E tutti ci vogliamo nuotare
E tutti ci vogliamo nuotare
E il sole che ci fa bene
Alla pelle, agli occhi, alle ossa
E non ci fa pensare

La natura (estiva) come spazio di libertà che ci fa stare bene, in salute. C’è una componente biologica, di quel salutismo da salotto che ha nella psicosomatica il fondamento di ogni cura. E allora il sole per il corpo, l’aria di mare per la mente da rilassare, l’acqua che leviga la pelle. Infatti, il risultato finale del ritorno primordiale alla natura è la negazione dell’umano: non pensare. Il percorso di regressione è completato. Qui non c’è più il noi. Si è parte di un tutto, si è nella libertà del prima, di un essere senza civiltà. Solo natura, lì, sul bagnasciuga, perso nell’infinito.

Ritornello: Teoria della felicità

Il punto di partenza è l’immagine, iperbolica e contemporanea, del messaggio vocale. Rientra, sotto una colorazione emotiva, la dimensione tecnologia. Ora però va bene, perché garantisce la libertà di espressione. Non è più coercizione e regola. È talmente libero da poter essere da dieci minuti di lunghezza: questi dieci minuti indicano il carattere surreale, extrareale, in cui si è immersi. Il tempo non è dedicato a null’altro se non a elaborare la propria felicità. Non ci sono compiti da realizzare, obblighi da seguire. Lo strumento è solamente strumento di felicità. Dieci minuti per dire, per elaborare la propria felicità.

Ti mando un vocale
Di dieci minuti
Soltanto per dirti
Quanto sono felice
Ma quanto è puttana
Questa felicità
Che dura un minuto
Ma che botta ci dà

Così però sarebbe troppo positiva, poco riflessiva. Una semplice esaltazione del proprio momento felice. E subito arriva l’abisso dialettico, il richiamo a un reale pessimistico. Dieci minuti per descrivere la felicità. Un minuto la sua durata. In questa contrapposizione si apre una sorta di abisso realistico e nostalgico. Questo è il passaggio chiave che duplica il registro e permette al tormentone di essere tale: superficiale e profondo allo stesso tempo. La felicità, che è difficile da raggiungere, che necessita di minuti per essere descritta, quando accade, è essa stessa effimera. Non è propriamente di nessuno. L’averla attinta non garantisce il possesso. Anzi, al contrario, è un passaggio momentaneo. Non quantificabile. Al massimo, un minuto. In ogni caso, molto meno di quanto bisogna metterci per ottenerla.

Sembra sia un inganno. Ecco però che, in un ulteriore ribaltamento, quando tutto sembra ormai andare verso l’inutilità della ricerca, si rivendica il valore di quello che si è e si fa: “ma che botta ci dà”. A questo punto l’equilibro è ristabilito. Non c’è disperazione che eccede la semplicità del vivere. Ognuno si ricomprende nella lotta per essere felici. Si riconosce nella dinamica di profondità della delusione e, ancor più, nella consapevolezza effimera dell’esperienza della felicità.

Ciascuna esistenza è allora importante allo stesso mondo. Ciascun vivere si ritrova in questa dinamica. Si possono scegliere pure i momenti dialettici che si preferiscono: il vocale che rappresenta l’attuale felicità, la volgarità che indica la presa di consapevolezza dei limiti del vivere o la liberazione finale che, tutto sommato, riafferma il valore della vita.

Estate

C’è una condanna che si potrebbe definire destinale in un questa dinamica del tormentone estivo, che oscilla tra l’esaltazione quasi orgiastica della facilità del vivere e il repentino oscurarsi generato della riflessione sui limiti che lo costringono. Si rivendica la libertà arbitraria, figlia di una natura senza costrizioni, e, proprio quando si è immersa in essa, si coglie come i limiti del vivere provengano proprio dalle leggi che governano il tutto. Si è felici al mare, nel sole, senza vestiti, lontano dagli obblighi. E, insieme, nell’esaltazione della luce, nella grandezza della natura si comprende come si faccia parte di questo tutto per poco, per pochissimo e, tanto nell’attuale presenza quanto nella futura assenza, non si sposti nulla nell’equilibrio generale.

In altre parole, una felicità puttana.

Credit Foto: pagina Facebook Thegiornalisti

Salvatore Patriarca Giornalista, filosofo, imprenditore. Il suo ultimo libro è Il digitale quotidiano (Castelvecchi).

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