Tutto è pronto: sta per andare in scena il matrimonio dei Ferragnez. Dopo aver percorso su Instagram tutte le tappe, dalla proposta all’addio al nubilato, passando per le partecipazioni e la lista di nozze, si è finalmente giunti alla apoteosi del primo settembre. La narrazione (e dunque la capitalizzazione) di questo grande amore sta per giungere alla più necessaria delle conclusioni: una cerimonia a cui tutti sono invitati, attraverso gli sguardi degli occhi digitali dei presenti. Chiara, la Professoressa per eccellenza dell'”INFLUENCING” italiano, sta insomma per pubblicare uno dei suoi saggi più importanti.

Diventare un influencer è l’ultima possibilità di ascesa sociale sentita come alla portata di tutti, in una sorta di “febbre dell’oro” nel far west di internet. Eppure essere influencer non è una cosa per tutti.  Come insegna Chiara, si tratta di un’arte. Lo hanno capito a Madrid, dove dal prossimo anno accademico esisterà un corso di laurea per apprenderla: Intelligence Influencers, Fashion & Beauty. Sarà dedicato alla moda, ma è oramai possibile diventare influencer in qualsiasi settore.

Una carriera a là Ferragni può ben valere un’oretta d’aereo e un corso di spagnolo. Ma al di là delle competenze tecniche e delle qualità personali, da cosa nasce una carriera a là Ferragni? Qual è la lezione più profonda della nostra Professoressa? Gli influencers stanno compiendo una piccola rivoluzione, radicata nell’antichità, ma al tempo stesso spregiudicata e nuova. Per raccontarla può essere utile prendere un volo da Los Angeles per atterrare al porto del Pireo…
Sofisti : sapere = Influencer : vita

Ad Atene i sofisti godevano di una reputazione controversa: se da una parte erano ammirati e desiderati da molti, dall’altra venivano aspramente disprezzati da coloro che si ritenevano “i migliori”. Non erano odiati tanto per il fatto di arricchirsi, quanto perché si arricchivano vendendo la sapienza. Diventando degli intellettuali professionisti sono stati coloro che per primi hanno reso la conoscenza una merce, facendone una cosa disponibile (in linea di principio) a tutti.

“Vuoi diventare abile nei discorsi e lasciare a bocca aperta l’intera agorà con la tua perspicacia? Non importa chi tu sia o da dove venga, per 100 mine Protagora farà di te un sapiente.”

Gli aristocratici non potevano che esserne sconcertati. La sapienza, e il percorso educativo tramite la quale questa si tramandava di generazione in generazione, era rigidamente codificata dalla tradizione. Non si trattava di un semplice strumento per raggiungere un fine, ma un di un valore sacro e identitario. L’educazione, prima che la maturazione di un insieme di capacità, era la certificazione di una appartenenza comune.

Anche gli influencer sono delle star con una reputazione controversa. La ragione sta nel fatto che compiono a loro volta una mossa nuova e coraggiosa: tramite i social network/media fanno della propria vita una merce, rendendola disponibile (in linea di principio) a tutti. L’esperienza dell’individuo è invece, da secoli e secoli, un valore in cui si crede nascosto un tesoro di verità singolare ed irripetibile. Se il racconto della propria vita è esperienza di verità (cioè è fine a sé), non dovrebbe essere usata come un semplice strumento volto al fine del guadagno. L’influencer invece fa proprio questo: vende il prodotto integrandolo in una vita mostrata e aperta a tutti. Vendendo non vede una semplice cosa, ma vende una rappresentazione dell’io in quanto legata alla cosa.

Sofista : parola = Influencer : immagine/esperienza

I sofisti hanno fatto della sapienza uno strumento volto alla persuasione degli altri nell’agone politico e giudiziario, liberando la conoscenza dalle catene della tradizione (e dell’Essere) per metterla al centro della vita quotidiana. Hanno così inventato una nuova sapienza, fondata sul potere della parola nell’”influenzare” le opinioni uomini, dominando con l’arte retorica quelle discipline in cui non si è né perfettamente sapienti né del tutto ignoranti (le discipline “umane”, distanti tanto dalla certezza della matematica tanto dall’oscurità della metafisica).

Gli influencer a loro volta rompono il vincolo che legava la rappresentazione dell’esperienza individuale con la verità del soggetto. Anche questa nuova rottura è una liberazione dalla quale si sprigiona un nuovo potere persuasivo, quello della rappresentazione-immagine della vita: “un gran dominatore, che con piccolissimo e digitalissimo corpo, divinissime cose sa compiere”. Il marketing non si basa più sul prodotto (chi si fida più delle pubblicità tradizionali?), ma sul rapporto intimo e affettivo che le immagini dell’influencer riescono a stringere con i followers. Il racconto della vita non è più un qualcosa da tenere per sé, custodito in un diario, ma un capitale simbolico da investire pubblicamente.

La misura delle cose

Si può riformulare così un vecchio frammento di Protagora: la rappresentazione della vita/esperienza dell’influencer è il criterio con cui si conosce e dunque si misura il valore dei prodotti, di quelli che appaiono per il modo in cui appaiono e di quelli che non appaiono in quanto non appaiono.

Credit photo: Profilo Instagram chiaraferragni

Andrea Ferretti è laureato in filosofia con una tesi sul Senso Comune nel pensiero di G. B. Vico. È appassionato di calcio, folklori contemporanei e giochi di ruolo.

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