Immaginate di avere il potere di fermare la scure che taglia la testa di Ned Stark. Oppure pensate di poter far sì che Rose si renda conto che su quella dannata porta di legno galleggiante c’è posto anche per Jack. Netflix ha iniziato a raccogliere questo grido di vendetta e ha prodotto due brevi episodi animati, Il gatto con gli stivali – Intrappolato in una storia epica e Stretch Armstrong: Breakout, che hanno la peculiarità di lasciare allo spettatore la decisione su quelli che sono gli snodi cruciali delle rispettive vicende. Una sperimentazione quasi pionieristica che potrebbe portare a ripensare integralmente le modalità di fruizione di film e serie TV, estendendosi magari, con tutte le difficoltà del caso, ad una più vasta scelta di prodotti.

Qual è stata del resto, fin dal principio, la grande intuizione di Netflix? Ciò che Reed Hastings e Marc Rundolph hanno colto prima o sicuramente meglio di chiunque altro è che quel processo di autonomizzazione garantito dallo sviluppo tecnologico e delle comunicazioni non poteva non investire anche il settore dell’audiovisivo. Così un’offerta qualitativamente alta e quantitativamente illimitata, già di per sé sufficiente a soddisfare ogni tipo di palato, nasconde il suo vero punto di forza nelle modalità con cui viene messa a disposizione: dall’interfaccia che ci accompagna nella scelta del film o della serie alla loro fruibilità no-limits (e a prezzi modici), in ogni luogo e ad ogni ora.

Cosa mancava per completare il quadro? Semplice: una possibilità di interazione. La storia di quest’ultima non inizia certo oggi. Già agli inizi degli anni Ottanta la narrativa per ragazzi proponeva i Librogames, libri interattivi in cui, di fronte agli snodi cruciali della storia era il lettore a scegliere per il protagonista, andando a pagina 30 se si voleva affrontare il drago o a pagina 120 se si riteneva più opportuno darsela a gambe. Netflix recupera l’idea che animava quello che al tempo fu un successo editoriale e la applica alla narrazione filmica.

Anche qui esistono però dei precedenti, più o meno riusciti. Ci abbiamo provato anche in Italia: tra il 2006 e il 2007 fu Pier Francesco Pingitore a sperimentarne le potenzialità con una serie di commedie andate in onda sui canali Mediaset e il cui finale era affidato al televoto. Ma c’è una differenza sostanziale: un conto è ubbidire alle logiche democratiche del televoto, col rischio di essere dalla parte di chi, in minoranza, sarà costretto a subire la scelta altrui; un conto è avere individualmente il potere di decidere delle sorti dei personaggi.

Il mouse come scettro dunque. L’esito aleatorio connaturato al voto massivo della democrazia viene rimpiazzato con l’esito che io stesso ho scelto. Oltre la tirannide dello sceneggiatore che impone la sua idea al pubblico e oltre la democrazia del televoto che impone invece a tutti il volere della maggioranza, Netflix (e Internet, più in generale) apre lo spazio a quella che potremmo chiamare una monarchia diffusa, in grado di garantire alla volontà di ogni singolo spettatore un effetto diretto e determinante sul destino narrativo.

Il punto è che in realtà le due vie che si dipanano dal bivio interattivo sono entrambe già scritte e realizzate dagli sceneggiatori. La scelta individuale è sì decisiva, ma non cancella la via opposta. Essa piuttosto coesiste affianco all’altra come un già scritto, un già previsto, che permane in attesa di esser scelto da qualcun altro o in qualche altro momento. La libertà dello spettatore è quindi una libertà provvisoria, il suo dominio è effimero, il suo scettro un giocattolo. Ma in fondo qual è la chiave del successo di Netflix se non il viziare lo spettatore, lo star dietro ad ogni umanissimo capriccio?


 

Lorenzo Di Maria, molisano, è laureato in Filosofia con una tesi sulla fine della storia e del politico in Alexandre Kojève. Ha pubblicato articoli per Globus, Players e Lo Sguardo.

Tagged with: , , ,