I Ferragnez sono il Re e la Regina Mida dello scandalo: ciò che toccano si tramuta in polemica. Per una pittoresca maledizione (o benedizione?) degli déi del digitale non sembra che i due possano postare qualcosa senza dividere il campo in due fazioni: “moralisti” e “fan”. Del resto non si tratta di due celebrità come tante altre: i Ferragnez sono i signori dei Social.

L’ultima puntata è stata la festa di compleanno a sorpresa organizzata da Chiara per Fedez e dunque raccontata live attraverso diverse Instagram stories. Amici e parenti della coppia si sono ritrovati a fare baldoria all’interno di un supermercato milanese, appositamente affittato per l’occasione. È Chiara a dichiarare l’unica regola del gioco: “possiamo prendere quello che vogliamo”. Facile immaginare come il cibo sia presto diventato oggetto di gioco e, conseguentemente, di polemica: «I Ferragnez prendono a schiaffi la miseria sprecando il cibo». Ma cosa hanno fatto di diverso i Ferragnez rispetto a quello che solitamente fanno i ricchi, di tutti i portafogli e di tutti i tempi?

La natura della ricchezza: soddisfare superfluamente i bisogni necessari

Essere ricchi significa poter soddisfare superfluamente i bisogni primari, inderogabili, dell’individuo. La “superfluità” si verifica quando il bisogno viene soddisfatto oltre la sua misura, impiegando una quantità di risorse molto superiori a quelle sufficienti e generando così lo spreco.

Quantità di risorse – bisogno = spreco (o ricchezza)

Questa equazione vale per la casa, il vestiario, i mezzi di trasporto e, ovviamente, per il cibo. E vale in due direzioni, sia quella della sovrabbondanza che quella della qualità, entrambe riducibili alla dimensione della quantità. Si verifica infatti una superfluità quantitativa, uno spreco rispetto alla misura del bisogno, sia se si consuma una quantità direttamente eccessiva di un bene (1Kg di pasta a persona per pranzo, 4 appartamenti, 22 paia di pantaloni…), sia se si consuma una qualità eccelsa di quel bene (in un piatto di Cracco, in un vestito di Prada o nella villa di CR7 c’è una quantità di ricerca, trasporto dei materiali, competenza e realizzazione di gran lunga superflua rispetto al bisogno).

Questo è il modo in cui si caratterizzano e quantificano usualmente la ricchezza e, di conseguenza, la povertà. Non è un caso se nel chiacchierato “Reddito di Cittadinanza” le spese ritenute “morali” siano quelle volte al soddisfacimento dei bisogni primari secondo la misura quantitativa-qualitativa del bisogno (magiare quanto basta di cibi salutari quanto basta). Di qui il postulato etico: è giusto il consumo solo finché è legittimato dal bisogno.

Si tratta di un precetto antichissimo nella storia dell’Occidente, un “pauperismo” risalente alla Politica di Aristotele e fatto proprio da gran parte della tradizione cristiana. Una massima che viene (più o meno) quotidianamente violata da ogni appartenente della classe media delle società occidentale.  Ma allora perché è stata richiamata così prepotentemente nel caso dei Ferragnez se, in fin dei conti, i due si sono limitati a mostrare soltanto una ennesima declinazione della ricchezza?

La sproporzione nella quotidianità

Siccome non è verosimile credere che il web sia stato folgorato sulla via del francescanesimo, il vero nodo dell’indignazione non è stato lo spreco, ovvero la ricchezza (che come si è visto è sempre spreco), ma il supermercato, ovvero il luogo dello spreco. Lo spreco è stato soltanto il pretesto, il casus belli. Nella prima story di Fedez, Chiara promette “una cena stellata” e in pochi avrebbero avuto da ridire se avesse portato i suoi invitati a cena in un “due stelle Michelin”. Inutile dire che lo “spreco”, la “superfluità” sarebbe stata molto maggiore (quanti poveri si potrebbero sfamare con il conto per venti persone in un ristorante del genere?).

L’indignazione invece viene percepita nel momento in cui la “stellarità” colonizza i luoghi della quotidianità. I Ferragnez devono la loro celebrità ai social, ovvero al rendere pubblica e accessibile la loro esperienza di vita, la loro “storia personale”. Un influencer è un imprenditore della quotidianità: mette a valore il suo lifestyle. I Ferragnez però si situano oramai in una posizione intermedia, ambigua, a metà tra il mondo dei social (dell’orizzontalità) e lo star system più tradizionale (della verticalità).

È qui che scatta la dissonanza: i Ferragnez in un supermercato (ovvero nel luogo “di tutti” per eccellenza) sono già percepiti come degli intrusi. Se inoltre ci entrano per giocare con il cibo (che quei “tutti” invece comprano e mangiano), allora si stanno prendendo gioco delle persone comuni. Non di chi muore di fame, ma proprio delle persone “normali”, che abitano quella quotidianità. Insomma, i Ferragnez hanno portato la sproporzione della ricchezza più elitaria nei luoghi della vita più comune. È questa colonizzazione del quotidiano a risultare insopportabile e derisoria.

Del resto, se Re Mida tramutava tutto in oro, era pur vero che non poteva godersi nemmeno il più normale dei pranzi. Allo stesso modo i Ferragnez, costretti dal web infuriato alle scuse in tempo reale, hanno ottenuto l’ennesima iniezione di visibilità, ma sicuramente non si sono potuti godere quella che, in fondo, era solo una banale festa di compleanno.

Andrea Ferretti è laureato in filosofia con una tesi sul Senso Comune nel pensiero di G. B. Vico. È appassionato di calcio, folklori contemporanei e giochi di ruolo.

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