Calcutta e lo stare al mondo sono un cacciavite a stella in una vite piatta. Perché se c’è una sensazione che emerge dalla sua musica è l’inadeguatezza, la scomodità di un generale vivere annaspando. Questi aspetti si avvertono con forza nell’ultimo singolo estratto dall’album Evergreen: KiwiKiwi è una canzone molto calcuttiana, il cui senso emotivo è esibito e amplificato dal videoclip diretto da Francesco Lettieri e apparso su Youtube il 13/09. Quella tra Calcutta e Lettieri (del cui lavoro si è già parlato qui) è una collaborazione di lunga data, iniziata circa tre anni fa con Cosa mi manchi a fare e giunta, con Kiwi, ad un risultato di profonda simbiosi tra musica ed immagini, espressione cantautoriale e filmica.

La canzone

Kiwi parla di una fuga dal mondo. L’Agro Pontino, campagna che circonda la Latina di Calcutta, è famoso i suoi campi di kiwi certificati IGP. Il kiwi, il frutto esotico della sconosciuta Nuova Zelanda, trova lo spazio per crescere subito oltre la vecchia, banale Littoria. Viene da sé che per sfuggire da un mondo che soffoca e trovare la novità che libera basta correre fuori, allontanarsi appena quanto serve per passare dalla città ai campi di kiwi. I kiwi sono il rifugio dal mondo a portata di mano, la straordinarietà possibile per tutti. Il luogo dove potersi far seppellire, trovando così finalmente il tempo, la pace, la libera solitudine per sentirsi a proprio agio.

Nelle canzoni di Calcutta c’è sempre un “io” che dialoga con un “tu”. In questo caso si tratta dei due complici nella fuga: “vestiti come ti pare/ mettiti tutto il profumo che io posso odorare”, “metti le scarpe più brutte che ti porto a ballare”. Parafrasi: “stai tranquillo, esprimiti, esagera senza limiti, tanto qui ci siamo soltanto noi due, nessuno ci opprime, nessuno ci guarda”. “C’è il temporale, per strada solo noi”. Se c’è il temporale non soltanto non c’è nessuno per strada, ma c’è la mancanza di visibilità che serve per potersi nascondere, per stare per i fatti propri.

“Mettimi sotto il cuscino un alveare/ quello che voglio da te è farmi pungicare”, “Fammi vedere i calci sui denti/ Che non mi riesci più a dare”. Parafrasi: “come in una sorta di fuga da Matrix, fammi stare sveglio, non mi far scivolare nel meccanismo perverso e normale del mondo. Voglio che tu ti faccia sentire più forte che puoi, in modo che per me non debba mai rimanere soltanto il mondo, senza alcun rifugio in cui poter stare bene”. “Oh mondo cane, tu fatti gli affari tuoi”, perché il mondo continua comunque ad incombere minaccioso sui fuggitivi. E così si arriva al lanciare il guanto di sfida al “voi-mondo”: “venite a prenderci, portate dei binocoli, per guardare gli occhi miei”. Per quanto ci si perda nei campi di kiwi o nei temporali si è comunque sempre nel mondo, si è raggiungibili. Ma se si deve essere guardati, che sia da lontano e senza disturbare, con il binocolo.

 

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metavideoclippo bulgaro con link in bio 🇧🇬🇧🇬🇧🇬 un saluto ai cazzimmabrothers e a feliciano 💙

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Il metavideo

Lettieri gira un video su come si gira il più banale dei video indie: ragazza magra e poco vestita che si dimena su diversi scenari. Sceglie di ambientarlo in Bulgaria, ovvero all’estremo oriente dell’Unione Europea: si è ancora in Europa, ma tutto, dall’architettura ai passaggi, passando per l’alfabeto, è diverso. Appare così come tanto la Bulgaria quanto il metavideo siano traduzioni in video del campo di kiwi calcuttiano.

Se la Bulgaria è, come i kiwi di Latina, uno straordinario-esotico che è ancora un ordinario-conosciuto, allo stesso modo il metavideo è un modo per indicare un fuori che è anche e sempre un dentro. Il videoclip è la classica rappresentazione del mondo indie e della sua stereotipata marginalità (corrisponde al “mondo cane” della canzone); al contrario il metavideo è la rappresentazione della rappresentazione (corrisponde al “campo di kiwi”) in cui trovare la “verità” dell’esperienza artistica e quotidiana in tutte le sue manifestazioni più spontanee e libere (litigi, risse, flirt, fatica, amicizia, gioia, ecc..). Il tutto sottolineando come l’esterno del “meta” sia possibile solo a partire e grazie all’interno del “mondo”. Si tratta delle due facce inseparabili della stessa medaglia.

Come se non bastasse, il concetto è ribadito dal protagonista del metavideo, interpretato da Daniele Del Plavignano: senza una funzione precisa, fa di tutto; spesso in disparte, è presente in tutte le scene, marginale e insieme centrale. Esterno ed interno, nel gioco interminabile dei rimandi tra i due: per quanto si possano ossessivamente cercare i campi di kiwi e le “bulgarie” si è sempre costretti a fare i conti Latina e con l’Europa (con il mondo). Lettieri è riuscito così, senza alcun didascalismo, a mostrare questa ambigua posizione esistenziale, essenza della produzione musicale di Calcutta.

Credit photo: Instagram account “calcutta_foto_di”

Andrea Ferretti è laureato in filosofia con una tesi sul Senso Comune nel pensiero di G. B. Vico. È appassionato di calcio, folklori contemporanei e giochi di ruolo.

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