Tra le protagoniste dell’ultimo Festival di Sanremo va certamente annoverata Elodie. La cantante romana, proveniente da Amici, la scuola televisiva di Maria De Filippi, e grande protagonista dell’estate musicale, esce dalla manifestazione canora sanremese rafforzata. La combinazione del Festival che coniuga musica e televisione ha esaltato al massimo le doti di Elodie: talento musicale e bellezza esotica intrigante.

Fin qui sarebbe tuttavia la classica storia sanremese: l’affermazione di un personaggio più o meno di nicchia che, passando attraverso quel palco, centro dell’attenzione culturale italiana, si trasforma (anche attraverso la dimostrazione del proprio talento al grande pubblico) in un personaggio di massa, di successo. Già nei giorni del Festival si è avuta la percezione che Elodie avesse qualcosa in più, una profondità personale in eccesso rispetto al semplice connubio di bravura e bellezza. La conferma di questo sentore si è avuta durante la serata delle cover.

Adesso tu – La cantante romana sceglie di omaggiare un altro cantante capitolino, Eros Ramazzotti, e il brano con cui nel 1986 ha vinto il Festival.

L’interpretazione minimalista di Elodie colpisce immediatamente. La personalizzazione del verso iniziale “nata ai bordi di periferia” apre la porta verso un’identificazione esistenziale che animerà l’intera esecuzione del brano. L’accompagnamento al piano del musicista siriano Aehm Ahmad amplifica il senso di distanza e abbandono che la canzone racconta. Il centro della vita non esista nella periferia, c’è la fatica, il rischio, l’insicurezza. La salvezza è l’altro, il tu, che indipendentemente dalla collocazione spaziale diventa il centro, il cuore che spinge la vita nella realizzazione dei propri sogni.

Quartaccio – Subito dopo la conclusione di Sanremo, esce su Noisey Italia (Vice) una straordinaria intervista video con Elodie, girata nei luoghi della sua infanzia e adolescenza. Il racconto che ne risulta è sorprendente per sincerità e purezza. Elodie non si nasconde. Parla di chi è, di come è cresciuta, delle difficoltà, di quel senso di precarietà che, come un demone, sembra non abbandonare mai la persona di cui si impossessa. Si profila un quadro esistenzialistico straniante. Qualcosa che supera il pasolinismo della periferia romana. C’è la durezza della povertà e della reclusione che vuole gli ultimi rinchiusi e lontani. C’è la rivendicazione della propria condizione (“io sono stata sempre molto orgogliosa di dove sono cresciuta”). C’è il ribaltamento del pop come categoria puramente estetizzante e priva di presa sulla realtà: non principesse perfette che incarnano l’idea, ma qualcosa di popolare, che arrivi e coinvolga tutti. C’è la violenza, c’è la debolezza genitoriale e l’incomprensione tra le generazioni (“io sono cresciuta troppo presto” oppure “io mi vergognavo che mio padre suonava per strada”).

L’intervista merita di essere vista e non servirebbe a nulla riassumerla. Ci sono però due dimensioni che hanno un particolare valenza culturale e meritano di essere approfonditi: il coattismo e il femminismo.

Coattismo – Di questo strana configurazione comportamentale e culturale della romanità si ha di solito una visione folcloristica. Qualcosa a metà tra la mitomania e la delinquenza, tra l’eccesso volgare e la bonaria ottusità. Elodie, nell’autodefinirsi coatta ( “io poi so’ coatta”), sgombra il campo dalle pastoie di una romanità cinematografico-televisiva e restituisce il coattismo al suo primario significato esistenziale.  Essere coatti è una forma di relazione al reale che si fonda essenzialmente su due pilastri: uno verso se stessi e uno verso l’esterno.

Quello interno si potrebbe definire di autoconvinzione. Il coatto crede in se stesso, ma ci crede per necessità, perché non può lasciarsi distruggere dai pregiudizi degli altri. Elodie questa dimensione la spiega alla perfezione, quando parlando della sua condizione di figlia di musicista ambulante, dice:

“però questa cosa mi ha aiutato a fregarmene poco di quello che pensa la gente”

Fregarsene della gente. Essere se stessi a ogni costo. Questo è il duro prezzo da pagare per costruirsi la propria identità.

Quella esterno ha invece i tratti dell’aggressività difensiva. Il coatto, questo in quasi tutte le rappresentazioni, è un cattivo buono, è colui che costruisce la corazza intorno a sé per non permettere a nessuno di entrare. Perché questa corazza? Perché questa paura del confronto senza cautele?

Perché “devi sempre stare attento a difendere dagli altri quello che sei, senza motivo”

Dove regna la precarietà esistenziale assoluta, dove ognuno ha meno di quel poco che ha l’altro, ogni possesso reale o ideale, ogni dote è un di più che deve essere azzerata. Quindi per preservare se stessi, il proprio futuro, il proprio talento, bisogna difendersi sempre. Solo quando questa capacità di difesa è ben salda, allora ci si può aprire all’altro, come all’Adesso tu della canzone di Ramazzotti. Si può essere buoni, generosi, creativi, di successo. Come Elodie, insomma.

Femminismo – L’altro tema che emerge con una certa sorpresa, anche in relazione alle recenti polemiche sanremesi, è quello del ruolo della donna, non tanto in senso assoluto quanto piuttosto in relazione all’uomo con cui si accompagna. Elodie è, da qualche tempo, la compagna di Marracash, rapper tra i più famosi e talentuosi della scena musicale italiana. E l’intervistatore, cavalcando l’attualità della cronaca, entra proprio affrontando la questione. Elodie risponde con una linearità non convenzionale:

“io sono Elodie, poi sono anche la tipa di Marra e se Marra sta con me evidentemente c’è un motivo”

Non c’è la rivendicazione del proprio ruolo in contrapposizione all’altro. Non c’è la riproposizione del tema dell’indipendenza femminile. Nulla di ciò. C’è viceversa una risposta coatta: se voi dite che Marra è fico e sta con me, sono fica anch’io. Non c’è da aggiungere altro. Ogni argomento ulteriore è retorico. Il valore è nel fatto. La donna è la metà della relazione. L’uomo è l’altra metà. Tanto vale l’uno, tanto vale l’altro. Il resto sono chiacchiere, che non spostano di un millimetro la percezione che la donna nutre di se stessa:

“è l’uomo che ho scelto. sono orgogliosa di stare con lui. comunque rimango una donna forte, indipendente”

Anche qui, una notazione coatta. Le mie scelte sono mie, è vero. Non cambiano tuttavia in alcun modo chi sono io davvero. La coatta che ha affrontato la periferia, il dolore e la distanza, rimane se stessa: forte e indipendente. Oggi con Marracash, domani semmai senza.

 

 
 

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