Il matrimonio tra Chiara Ferragni e Fedez è stato celebrato. L’evento ha attirato l’attenzione dell’Italia social e non solo nell’ultima settimana. E loro continueranno a essere una coppia polarizzatrice dell’opinione pubblica. C’è chi li segue (ci si muove nell’ordine dei 20 milioni di follower, sommando lei e lui nelle varie piattaforme). C’è chi li odia, sì letteralmente odia, e cerca ogni minimo pretesto per criticare e, in maniera più presunta che reale, differenziarsi da quel modo di stare al mondo.

Al di là di ogni complessa sovrastruttura interpretativa (che ha tutta la legittimità di essere elaborata e, tutto sommato, anche la necessità di esserlo), dove si colloca il punto chiave di attrazione incontestabile dei due? Nella semplicità. Nell’assoluta comprensione del loro universo estetico e comportamentale.

La semplicità

L’accusa più usuale che si rivolge a Ferragni è che non sappia fare niente. E in effetti è vero. Questa però non è una mancanza, è la sua forza. Lei è semplicemente se stessa. Una ragazza che sogna (e ha realizzato) un ideale di vita agiata che si compone di tutto ciò che nutre l’immaginario desiderativo di ciascuno (anche gli odiatori): viaggi, luoghi da visitare, vestiti e oggetti. Vive questa vita e, come tutti, la esibisce, la racconta, la fa vedere. Anche qui, un tratto di assoluta ordinarietà. Certo, cambia il contenuto (la borsa che possiede costa 3 mila euro), non la forma esperienziale dentro la quale i contenuti si inseriscono.

I comportamenti

Ancora più interessante sono i tratti comportamentali. Ferragni e Fedez sono due espressioni di quello starsystem che, in via teorica, dovrebbe produrre modelli di trasgressività. E invece sono portatori di comportamenti normali, comprensibili, accessibili. La storia d’amore che stanno vivendo (vera o costruita che sia conta davvero poco) è la costruzione perfetta della normalità: ragazza intorno ai trent’anni, ragazzo della stessa età, escono da relazioni precedenti, trovano una loro “collocazione” professionale, si incontrano, si innamorano, raccontano in maniera iperbolica il loro amore, fanno un figlio (fuori dal matrimonio). A questo punto decidono si sposarsi. E ci si domanda ancora come mai possano avere questo seguito? Il loro essere è la proiezione realizzata del desiderare normalizzato, rassicurante, conoscibile.

L’estetica

Questo forse è il tratto più significativo, e paradossalmente autentico, di questa vicenda. I Ferragnez sono portatori di estetica democratica. Il matrimonio appena celebrato è la plastica rappresentazione di ciò. Nella disponibilità economica che li contraddistingue non hanno scelto la via dell’esclusività. Il luogo remoto sconosciuto a tutti. L’esperienza sorprendente che allontana dal quotidiano. La ricercatezza di ogni minimo dettaglio che porta all’estenuazione di conoscenza che distanzia dalla normalità. Al contrario, hanno organizzato un ricco e gioioso matrimonio meridionale, attingendo all’immaginario classico che vede nel Sud il luogo del sole, del mangiare bene, dei bei luoghi e del godersi la vita. Noto, i fiori, gli invitati, i vestiti, il volo personalizzato sono tutti elementi democratici. Sono lì, alla portata di tutti. Non economica, si badi bene. Ma immaginifica.

Favola

Come ricorda il poeta, de te fabula narratur. I Ferragnez sono lo specchio della normalità che anima l’esistere di ciascuno. Ovviamente rispetto a tale normalità si hanno relazioni differenti: la si anela, la si rifugge, la si anela non ammettendolo, la si rifugge solo all’occorrenza. Essa tuttavia è lì, è la pietra di confronto con cui si misura la quotidianità di ciascuno. E i Ferragnez con il loro universo immaginifico semplice sono il perfetto termine di confronto attraverso il quale misurare la nostra quotidiana relazione con la normalità.

Credit Foto: lastampa.it

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