Siamo ancora con Fabio, cofondatore ed unico amministratore della pagina Facebook “Interisti Esistenzialisti”, che ad oggi conta più di undicimila affiliati. Abbiamo parlato nel precedente articolo (che trovate qui) di come sia nata l’idea della pagina e del rapporto forte con alcuni percorsi filosofici, in una continua contaminazione tra alto e basso, che ci ha colpito a tal punto da aver voluto proseguire, con ulteriori spunti, la chiacchierata sul tema qui a PopMag.

Una pagina Facebook che unisce il tifo per una squadra di calcio con le linee-guida di un complesso pensiero filosofico che ha caratterizzato il Novecento farebbe pensare ad un fruitore che abbia quantomeno una preparazione filosofica di base. Quello che ci ha sorpreso, in appena un anno di attività, è il grandissimo seguito che sta avendo da parte di tutti i tifosi, anche quelli che propriamente non hanno preparazione sulla materia filosofica. Come interpreti questo fatto?

Fabio: Lo interpreto in linea con quelli che erano gli ideali iniziali: parafrasando, e facendo un po’ i nietzscheani (perdonatemi!) si potrebbe dire che è una pagina “per tutti e per nessuno”. Ma in senso molto semplice: né era desiderato, né ci si aspettava tanto seguito, proprio perché si agiva nella consapevolezza che avesse dei contenuti delle volte troppo specifici e facesse riferimento ad una ironia non sempre percepibile in chi non abbia portato avanti determinati studi. Per farla breve, il più sorpreso di tutti sono proprio io. Ma Camus ci aveva avvisato: l’assurdo si cela proprio dietro l’angolo.

Quando si parla di esistenzialismo non si può non parlare di Martin Heidegger, pensatore in cui questa complessa corrente filosofica assume i contorni della critica della metafisica, ossia di tutta la filosofia intesa come ricerca di sistemi ideali e valoriali solidi e inscalfibili. Metafisica è quindi espressione di una polarità negativa di fronte all’esistenzialismo. Ci spieghi l’utilizzo che ne fai, in senso appunto spregiativo, per connotare l’eterna rivale dell’Inter, la Juventus?

Fabio: La Juventus (scusatemi, potete censurarla?) sta al calcio come la metafisica sta alla storia dell’umanità: come una imposizione, spesso, che ha indirizzato e pregiudicato l’avvenire della storia, che è stata spesso rappresentanza del potere. Nell’accezione che ne do, mi riferisco più precisamente a quella forma di “pensiero forte”, determinante, non in grado di tener conto dell’alterità, e anti-emancipativo con cui si è riferito a gran parte della storia della filosofia Gianni Vattimo. Per farla breve, l’accostamento con la metafisica ha più specificamente un carattere degenerativo politico, del potere a tutti i costi, delle imposizioni delle dottrine forti non in grado di accogliere le altre voci del pensiero, e tener conto anche dell’irrazionale (che noi pazzi e folli interisti, non possiamo che rappresentare). Per dirla con Richard Rorty, la metafisica è qualcosa che condiziona il mondo e la vita con una visione troppo forte della verità, che spesso è relativa o relazionale (un termine più cauto e più condivisibile), fallibile! E che in questo condizionamento elimina la possibilità – mi si permetta il gioco di parole – del libero arbitrio, dell’esercizio delle libertà umane secondo necessità e possibilità. La Juventus, con la sua “forza” rappresenta tutta questa degenerazione che ha condizionato a lungo l’umano agire e indirizzato la Storia nei canoni prestabiliti di alcune idee vincenti del passato, non tenendo conto delle possibilità altre.

C’è infine il tifoso interista, legato a doppio filo, come abbiam visto, ad una storia di sofferenza e all’esito beffardo e assurdo che puntualmente si manifesta quando gioca l’Inter. Nietzsche stesso parla dell’Oltreuomo rispolverando l’antico concetto stoico di amor fati, ossia l’accettazione di un destino di cui non si è mai certi, di un fato che è impossibile padroneggiare attraverso spiegazioni di sorta. Ci spieghi, insomma, perché non scambieresti mai un gol di Vecino al 94esimo con un facile tap-in di CR7 contro il Frosinone?

Fabio: Perché siamo folli, siamo poetici, siamo per Recoba e per Hector Cuper, noi. Perché siamo inguaribili, instancabili seppur esausti, perché l’Inter – riecheggiando ancora Nietzsche – è sì l’oggetto del nostro amor fati: è il “così volli” in ogni caso, accettazione attiva dell’accadere. Ancora una volta – e questa è anche la descrizione propria della pagina Facebook, una sua grande fonte di ispirazione – con Camus posso dirvi che “tutto quello che so della vita l’ho imparato dal calcio”. Camus pare fosse un grande portiere, insomma, uno abituato alle pallonate, proprio come noi, instancabili interisti, abituati a tener testa ad ogni difficoltà, anche vitale, proprio grazie alla nostra appassionata palestra che ci ha istruito su ogni disperazione ogni dannata domenica!


L’intervista è nata dalla collaborazione di Lorenzo Di Maria e Riccardo Minnucci.


Lorenzo Di Maria è laureato in Filosofia con una tesi sulla fine della storia e del politico in Alexandre Kojève. Ha pubblicato articoli per Globus, Players e Lo Sguardo.

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