Dopo aver affidato la direzione creativa a Tom Ford nel 1994, che insieme a Domenico De Sole ha rinnovato radicalmente una marchio in difficoltà e consolidato il Gucci Group acquisendo, fra il 2000 e il 2001, marchi come Yves Saint Laurent e Balenciaga nonché percentuali in Alexander McQueen e Stella McCartney, tirandolo via (anche) dalle secche dell’omicidio Maurizio Gucci (1995) oggi, con un fatturato che punta a raggiungere i 10 miliardi di euro (dichiarazione del CEO Marco Bizzarri), Gucci apre una libreria a Broadway, New York.

Cosa ci trovi?

David Strettell, ex direttore culturale di Magnum e fondatore di Dashwood Books, negozio di libri fotografici a NoHo, ha dichiarato a Vogue che qui chiunque troverà quello che cerca, dal libro a 20 $ fini all’edizione rara da 1000 $. Circa 2000 volumi tra Lifestyle e moda, libri d’arte e edizioni rare.

Il Look

Ma a colpire è il look. Già perché il Gucci Wooster Bookstore sembra più la sede di una confraternita dell’Ivy League che una libreria. C’è il legno scuro e le poltrone mid-century. C’è il leggio e le colonne in ghisa, ci sono tappeti fiorati e i mobili restaurati.

Sovrapposizioni

Come è accaduto che ad aprire una libreria fosse uno stilista? Facciamo un passo indietro. È da un po’ di anni che nelle vetrine dei negozi d’abbigliamento puoi trovarci di tutto. Da un pallone in cuoio con cuciture a vista al grammofono, dagli Shangai a un libro aperto. Cosa c’entra un grammofono vicino a un paio di scarpe? C’entra. Il presupposto sotteso è: se da lì ci esce Mozart, allora tutto ciò che vi si accosta diventa un prodotto artistico. È banale? Per niente. Funziona? Evidentemente sì.
Cosa c’entra un pallone in cuoio degli anni cinquanta vicino a un montgomery? Se Sivori ha fatto un tunnel con un pallone simile (non importa che sia ricostruito, ne ha assorbito l’immagine) allora insieme al cappotto che comprerò mi porterò a casa anche un pezzettino di storia. E così funziona con una racchetta da tennis, con gli Shanghai e via discorrendo.

Il testo garantisce la passerrella

Poi arriva il libro. Di solito si tratta di un libro antico (o fintamente antico, non importa). Non importa che sia Dialogo sopra i due massimo sistemi del mondo di Galileo o le Meditazioni di Cartesio. In ogni caso la vetrina ne assorbirà la spiritualità.
Qual è il movimento? La merce funziona come una sorta di dissennatore in Harry Potter, tira via tutta l’anima del testo, lo incorpora, e infine lo lascia svuotato.  Ovviamente si tratta di una spiritualità simbolica, del tutto sganciata dalla lettera. E in questo senso l’esempio più evidente, che ne costituisce anche l’ammissione più plateale è l’esibizione di un libro aperto con pagine bianche (vedi foto). È il libro in quanto volume.

La passerella garantisce il testo

Dopo il Gucci Garden a Firenze (galleria d’arte boutique e ristorante a firma di Massimo Bottura), la strategia di Gucci sembra rovesciare i termini della questione: non più l’arte dentro la vetrina d’abbigliamento ma la moda che sta dietro, che fa da Grund, da basamento, all’arte. L’operazione di Gucci è sottile e sarà un successo: rovesciando i ruoli, si rovesciano i rapporti di forza.
Non è più l’arte a garantire la moda ma la moda a garantire l’arte.


Matteo Sarlo è nato a Roma nel 1989, dove vive e lavora come Editor.
Nel 2018 ha pubblicato Pro und Contra. Anders e Kafka.
Ha scritto per diverse riviste filosofiche, di critica cinematografica, viaggi, cronaca e narrativa urbana.
È fondatore di Globusmag.it

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