Il fatto è questo: un’amica di Liam Neeson viene stuprata. Così L’attore 66enne dichiara che vorrebbe andare per strada e uccidere con una mazza l’uomo (nero) che ha commesso il crimine.
Il giorno dopo a Good Morning America ribadisce di non essersi pentito della dichiarazione:

«Aveva 40 anni e mi è nato un istinto primordiale. Stavo solo cercando di rendere giustizia ad una amica che ho amato da sempre».

La situazione è ovviamente allarmante sotto una luce “politica” ancorché decisamente banale. È meno preoccupante da un punto di vista estetico ma decisamente più interessante.

Perché quello che è accaduto ha tutti i connotati di un trasferimento immaginario. Non quindi l’attore che scava nel profondo, che si inabissa nei labirinti della propria psiche per rintracciare quell’elemento che farebbe da ponte tra il sé più arcaico e il personaggio che dovrebbe interpretare ma esattamente il rovescio: il personaggio che crea, manipola, “finge” l’attore.

Da Bryan Mills, l’ex agente segreto della Cia (protagonsita della saga di Taken, il primo è di Luc Besson) che dal primo all’ultimo fa fuori tutti i responsabili del rapimento della figlia a Parigi riportandola a casa, a Liam Neeson. La vicende è l’esempio della potenza creatriva (e non creata) della Fabula. Non a caso un aggettivo che spesso si è accostato a Fabula è ficta (dal quale fiction).

Secondo Cicerone infatti le api fingunt il favo modellando la cera, secondo Plauto il verbo avrebbe invece a che fare co la dimensione della cosmesi: i trucchi delle donne ingannano l’aspetto creando un secondo viso al posto del viso originale.
Come le api fingunt il favo, come le donne «fingono» il proprio volto, così Liam Neeson ha finto, consapevolmente o meno, la propria fabula.

Credit Foto: Pagina Facebook Liam Neeson – USA.

Tagged with: , , , ,