Uno dei successi della stagione televisiva è sicuramente la Domenica in di Mara Venier, tornata a condurre il contenitore domenicale su Rai Uno dopo molti anni di assenza. Alla vigilia le incognite sull’effettiva possibilità di risollevare un format ormai quarantennale erano numerose. La prima era sicuramente quella dipendente da una concorrenza molto forte: la Domenica Live di Barbara D’Urso si è dimostrata per anni una trita-competitore e una perfetta macchina d’ascolti. La seconda era relativa alla trasformazione dei gusti del pubblico: gli anni de L’Arena di Massimo Giletti avevano spostato il fuoco narrativo dalla rilassatezza festiva al dibattito politico-sociale (più Gianfranco Funari che Corrado, per intendersi). La terza era quella direttamente imputabile alla novità di conduzione: dal ruolo di presentatrice-intrattenitrice che si era cucita addosso negli anni novanta, Mara Venier aveva intrapreso una carriera televisiva accidentata all’interno di molte trasmissioni, anche di successo, con ruoli tra loro estremamente distanti. La possibilità che sapesse ritrovare i tempi della conduzione era qualcosa a metà tra la scommessa editoriale e la convinzione che, alla fine, un fuoriclasse mantenga una porzione di talento, al di là delle difficoltà contingenti. E, in effetti, la scommessa ha pagato. Gli ascolti hanno spazzato via i dubbi e la Zia Mara è tornata a rivendicare quel ruolo da “signora della domenica” che aveva svolto per tanti anni.

Fin qui i fatti. Rimane aperta la questione di quali siano le ragioni di tale rinnovato successo e, soprattutto, di come Mara Venier sia riuscita a livello stilistico a intercettare nuovamente, nonostante i cambiamenti del decennio in corso, il gusto dei telespettatori. Ci sono due tratti essenziali che emergono con forza: la familiarità e l’emotività.

Familiarità – Rispetto a questa dimensione emerge una chiara consapevolezza da parte della stessa Venier che si mostra nel reiterato uso della figura parentale della zia. Zia Mara è, in un certo senso, la vera protagonista della domenica, la conduttrice della trasmissione. Innanzitutto è interessante la scelta della figura: la zia. Si tratta cioè di una dimensione parentale obliqua. Non è legata alla diretta successione delle generazioni. È qualcosa che si aggiunge. È prossima, è coinvolta. Non sta a lei giudicare o prendere decisioni. È lì ad ascoltare, a confortare se serve, senza mai tuttavia essere costretta a prendere posizione, a indicare cosa è giusto e cosa non lo è. Si tratta di una familiarità accogliente, ma non coinvolgente. Ed è esattamente il tipo di familiarità che costruisce la Zia Mara nella sua domenica. Non ci sono litigi, perché quello che conta è ascoltare. Non ci sono argomenti tabù, perché ogni cosa può essere detta, tanto bisogna essere per forza d’accordo. O agire poi di conseguenza. L’azione, la scelta, la presa di posizione sono una dimensione ulteriore che viene espunta dalla tranquillità del pomeriggio.

Qui si radica forse la scelta decisiva, e almeno all’inizio imprevista, vale a dire la rinuncia alla contrapposizione. In un tempo in cui tutto è in discussione e su tutto bisogna scontrarsi e dividersi, Mara preferisce la via della giustapposizione a quella della dialettica. Ognuno dice la sua, a modo suo e per il suo mondo. Va bene così. Si comprende quel punto di vista e poi si passa al successivo. Senza necessità di sottoscriverne alcuno. Appunto, come a casa delle zia, si va, si prende il tè, si parla dei propri problemi, si viene tranquillizzati e poi si torna a casa a litigare con il marito o la moglie, con i genitori o i figli.

Emotività – In questo vuoto ideologico creato dalla familiarità da zia di Venier emerge in tutta la sua plasticità esistenziale la dimensione emotiva. C’è qui da fare una distinzione importante: dall’avvento delle trasmissioni di Maria De Filippi e poi, in successione, dei reality show di qualunque tipo (talent inclusi) l’emozione è diventata l’unità minima significativa attraverso la quale giustificare il valore di ogni atto televisivo. E quindi per l’aspirante artista (cantante, ballerino o attore) comunicare “un’emozione” è il lasciapassare del talento, indipendentemente dal valore tecnico di essa. Per il concorrente dei reality l’emozione (vissuta e trasmessa) è in maniera molto simile il fondamento ultimo del “talento” del personaggio televisivo stesso. Si è assistito quindi a una sorta di monetarizzazione dell’emozione che incontra nei programmi più spiccatamente trash la sua espressione più iperbolica.

Mara Venier attinge a questo filone, è chiaro. Ma lo fa con approccio empatico, non dinamico. I personaggi che sono chiamati a raccontare se stessi, le emozioni cioè sono ricondotte a una dimensione privata (ovviamente nel corto-circuito del pubblico, ma è una scelta di format televisivo appunto). È la singolarità del vivere a emergere, con le mancanze e le debolezze. E qui Mara Venier offre il meglio di sé, perché riesce – anche forse per approccio caratteriale – a entrare subito in empatica prossimità con la persona presente. Non salta addosso al dolore, lo lascia fluire. Come può capitare a chiunque incontri una persona per strada che ha subito un lutto da poco. La si fa parlare e, nell’ascolto di quel soffrire, si genera una corresponsione profonda, perché quello che oggi ascolta, domani sarà vissuto. Questa emotività esistenziale Mara Venier riesce a gestirla al meglio, creando un clima d’intimità a tratti del tutto imprevisto che buca lo schermo e diventa una sorta di oasi sentimentale nella giungla della polemica televisiva.

Credit Foto: Pagina Facebook Domenica In

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