Si parla spesso del rapporto stretto che esiste tra la letteratura e la serialità televisiva. Di come quest’ultima rappresenti la forma più propria di letterarietà narrativa contemporanea. Un caso in cui questo legame è evidente e volontariamente espresso è Penny Dreadful, una serie della pay tv Showtime, andata in onda per tre stagioni fra il 2014 e il 2016. Come il titolo indica, il racconto rimanda a quella particolare forma di letteratura sviluppatasi nell’ottocento che prediligeva la trattazione di temi gotici, spirituali, passionali. Erano produzioni letterarie pop, perché si rivolgevano al popolo, avevano una vividezza nell’immaginazione, una semplicità nello sviluppo della trame e una specifica immediatezza di ricezione. Di questo universo, culturale e storico, si nutre la narrazione visiva della serie.

Penny Dreadful è un gothic fantasy, ambientato nella Londra vittoriana di fine ‘800 (tra gli anni 1891 e il 1893). Si nutre di molteplici riferimenti ai personaggi letterari del periodo: da Dorian Gray (protagonista del romanzo di Oscar Wilde) al Doctor Victor Frankenstein (protagonista del romanzo di Mary Shelley), dal Doctor Henry Jekyll (protagonista del romanzo di Robert Louis Stevenson) a Dracula (il vampiro dell’opera di Bram Stoker). La ricchezza letteraria è presente anche nella costruzione dialogica con numerosi riferimenti alla poesia inglese romantica e post-romantica. Questi pochi riferimenti restituiscono un quadro molto complesso e dalle grandi ambizioni narrative, che si coniuga con una costruzione visiva altrettanto ricca e dai numerosi risvolti immaginifici. Una serie quindi molto costruita, forse non sempre riuscita, ma che merita di essere vista, fosse soltanto per cogliere la profondità concettuale con la quale ormai queste produzione vengono costruite.

Normali o diversi?

La vicenda si costruisce intorno alla vicenda umana di Vanessa Ives, interpretata da un’affascinante e convincente Eva Green. Miss Ives è una giovane donna di buona famiglia, posseduta (“cursed”) dagli spiriti maligni. Questa possessione dà il là a una serie di avventure ai confini del paranormale che vedono protagonisti, oltre ai personaggi sopracitati, anche Sir Malcom Murray, un esploratore inglese interpretato da Timothy Dalton, Ethan Chandler, un cowboy americano (Josh Hartnett) che si scoprirà essere un lupo mannaro, Brona, una prostituta irlandese che ha le fattezze di Billie Piper e John Clare, la creatura che ritrova la vita grazie agli esperimenti di Frankenstein. Fantasie parascientifiche, azzardi occultistici e abissi coscienziali arricchiscono lo sviluppo della narrazione, a volte incerta se risolvere il paranormale nell’ambito dell’azione eroica o in quello dell’introspezione psicologica.

Tra tutti i temi che vengono messi in scena, ce n’è uno in particolare che vale la pena di approfondire ed è quello che, al di là delle molteplici variazioni narrativi che animano la serie, è al cuore del racconto: la solitudine. E, in particolare, la solitudine di coloro che non riescono a rientrare nei canoni della normalità. Ovviamente, la tentazione di leggere la questione secondo un’ottica primariamente psicologistica è forte, e tutto sommato presente anche negli stessi sceneggiatori: che cos’è poi la normalità? Da vicino – secondo l’adagio noto a tutti – nessuno è normale. Quindi l’essere diversi o speciali è la dimensione stessa dell’identità che necessita solo del tempo di accettazione e di metabolizzazione del sé. Probabilmente è così. Probabilmente è talmente così vero tutto ciò da essere già sempre conosciuto e non meritevole di essere raccontato.

Il riscatto impossibile dell'esistenza

E, infatti, nel racconto avviene qualcosa di più, qualcosa che sfugge alle intenzioni narrative, andando al di là, verso una dimensione tragicamente esistenziale della solitudine umana. Al centro c’è sempre Vanessa Ives che, nella presa d’atto dell’equazione eccezionalità-solitudine, comprende come ci debba essere una via d’uscita, uno spazio, una scelta, una dimensione in cui questa condizione si possa riscattare. Tale via si mostra negli altri personaggi che animano la serie. Tutte persone sole che riscattano la propria solitudine, trovando uno spiraglio di realizzazione: per Sir Malcom è l’avventura, per Dorian Gray è l’eternità, per Brona è la vendetta, per Frankenstein è la conoscenza, per Ethan è la famiglia o l’apparenza di essa. Ognuno di loro, ognuno in maniera disfunzionale, trova la propria “compagnia”. Vanessa vuole di più. Vuole un superamento reale e prova a cercare la sua salvezza nell’amore. Santità e dannazione per lei, alla fine, sono due assenze che sostituiscono la presenza dell’amore. L’essere posseduta è l’essere posseduta dalla ricerca d'amore, della dimensione dell’altro che supera il sé. Non riesce Vanessa a trovare l’altro, l’alterità che la completi. L’intera serie, anche nella figura di John Clare, sembra – quasi involontariamente – lasciar intendere come questa ricerca sia vana, un’illusione felice solo nell’infelicità dei versi dei poeti.

Uscire dalla solitudine, per chi comprende dove essa si trovi realmente, è impossibile. Più facile uscire dall’esistenza.

Credit foto: pagina Facebook Penny Dreadful

Salvatore Patriarca

Giornalista, filosofo, imprenditore. Il suo ultimo libro è Il digitale quotidiano (Castelvecchi).

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