Sullo sfondo dell’aula di Palazzo Madama un gruppo di senatori si stringe agguerrito attorno al suo Capogruppo. Reggono dei cartelli, indossano delle magliette create per l’occasione e fissano seri le telecamere. Il Capogruppo attacca così la sua invettiva:

“Il decreto è una presa in giro rispetto a tutta la nostra comunità nazionale, parlano di sicurezza, creano insicurezza, e daranno spazio a moltissimi, centinaia di migliaia di clandestini nel nostro paese. Questo è un decreto contro l’Italia, contro gli italiani, contro la nostra sicurezza.”

Avete indovinato chi sta parlando? No, non è un leghista e nemmeno un membro di Fratelli d’Italia. MoVimento 5 Stelle? Certo, in genere sono loro a protestare con i cartelli in Parlamento, ma no, non si tratta nemmeno di un pentastellato. Ulteriore indizio: è una dichiarazione del 7 ottobre 2017. Il decreto in questione è il “decreto sicurezza” dell’attuale governo e i cartelli recitano “DECRETO SALVINI / MENO SICUREZZA / PIÙ CLANDESTINI”.

Si, oltre ogni apparenza a parlare è Andrea Marcucci, Capogruppo al Senato del Partito Democratico. Vedere per credere:

Come ha sottolineato Repubblica questo intervento è stato duramente criticato sui social dagli stessi attivisti e simpatizzanti del Partito Democratico, per due motivi fondamentali: 1) l’uso delle stesse parole dei propri avversari politici per parlare di sicurezza ed immigrazione, 2) l’uso dei metodi di protesta tipici di altri avversari politici. Insomma, il video di Marcucci&co. sembra una improvvisata chimera, in cui si ripropongono gli argomenti di un avversario usando le modalità comunicative di un altro avversario. Del resto l’imbarazzo del PD nel parlare di immigrazione non è un fatto nuovo. Si tratta solo di una nuova tappa di una difficoltà antica.

C’era una volta l’”errore dell’elefante” di Renzi…

Il famoso linguista americano George Lakoff proponeva ai suoi studenti di Berkley questo esperimento mentale: “non pensate all’elefante” (l’elefante è il simbolo dei Repubblicani). Ovviamente, per non pensare all’elefante, ognuno è costretto a pensare… proprio all’elefante! Lakoff usava questo esempio per dimostrare come per comunicare efficacemente sia necessario riformulare il problema, non accettando i presupposti e le parole con cui il proprio avversario ha già impostato la questione.

L’idea di Lakoff è proprio quella per cui, invece di smentire l’avversario, cercando di combatterlo sul suo terreno, è necessario fornire una nuova chiave per interpretare l’oggetto della contesa. Nuove parole, nuovi presupposti.  Se ci si limita a dire “non x” si rinforza semplicemente l’argomento “x”, perché, per il cervello umano, ripetizione significa rinforzamento. Più un insieme di parole e concetti vengono ascoltati, più diventano “normali” e “legittimi”.

È esattamente questo l’errore in cui cadde clamorosamente Matteo Renzi il 7 luglio 2017, quando vennero postate sui canali social del PD alcune parole estratte dal suo libro “Avanti”:

“Noi non abbiamo il dovere morale di accoglierli, ripetiamocelo. Ma abbiamo il dovere morale di aiutarli. E di aiutarli davvero a casa loro”

Quel “davvero” cercava di differenziare la politica “sistemica” proposta dall’allora segretario Dem dalle politiche dei propri avversari; voleva dire “aiutiamoli a casa loro, non come dite voi, ma sul serio, come diciamo noi”. Buttata però nel calderone della comunicazione politica quotidiana, questa frase dalla forma “non x” non fece che rinforzare l’”x” che voleva negare:

Quando si finisce per “travestirsi da elefante”

La protesta di Marcucci si spinge ancora oltre l’”errore dell’elefante” di Renzi. Facendo una bandiera del nesso concettuale per cui l’aumento degli immigrati clandestini implica una diminuzione nella sicurezza dei cittadini italiani, il PD dimostra di non aver accettato soltanto le parole, ma le stesse idee dei suoi avversari.

La contesa sull’immigrazione non consiste più nel dare un senso alternativo alla questione, ma semplicemente nel “come” realizzare “al meglio” gli stessi presupposti. Non è un caso se Marcucci non pronunci nemmeno la parola “integrazione”. Non c’è più dibattito politico sul tema, sui “fini”, ma c’è solo un problema relativo ai “mezzi” da adottare per raggiungere uno stesso obiettivo condiviso.

Nella comunicazione politica contemporanea non c’è spazio per le distinzioni sottili ed elaborate. Un appiattimento nella scelta di slogan e parole implica immediatamente un appiattimento sui contenuti: se si hanno pochi secondi a disposizione non ci si può  perdere in finezze

Quando viene meno l’opposizione non è mai una buona notizia per la democrazia, che per essere tale deve rimanere un confronto/scontro tra prospettive diverse. Ci si deve augurare che il PD non smetta soltanto di parlare di elefanti, ma anche e soprattutto di travestirsi da elefante. Non per il bene del PD o di un’altra parte politica, ma della democrazia italiana nel suo complesso.

Andrea Ferretti è laureato in filosofia con una tesi sul Senso Comune nel pensiero di G. B. Vico. È appassionato di calcio, folklori contemporanei e giochi di ruolo.

Tagged with: , , , , , , , ,