Storia della tv, storia d’Italia e storia della musica si intersecano in una cittadina della Liguria, Sanremo, teatro del principale evento musical-televisivo nazionale. A parte pochissime eccezioni tutti i grandi nomi della canzone italiana hanno partecipato al festival: le mosche bianche si trovano fra i grandi cantautori del passato. Col tempo però la canzone d’autore è cambiata dialogando più volte con il festival. Daniele Silvestri, rappresentante della nuova scuola cantautorale degli anni ‘90, ne è un esempio. Silvestri sarà in gara nel prossimo Sanremo di Baglioni con cinque partecipazioni alle spalle.

L’uomo col megafono 1995

Un’edizione che si colloca fra due gravi lutti per la musica italiana. Ad agosto scompare Domenico Modugno, quattro volte vincitore della gara canora e ambasciatore del marchio di Sanremo nel mondo. Tre mesi dopo, il 12 maggio, arriva invece il suicidio di Mia Martini che all’Ariston aveva fatto ritorno dopo l’esilio non voluto dalle scene e che a Sanremo legherà definitivamente il suo nome per il Premio della Critica, dal ‘96 Premio “Mia Martini”. Vince Giorgia con Come saprei e stravince Baudo che sale in galleria per parlare con l’operaio disoccupato a cavalcioni sulla balaustra.

L’Italia vive per la prima volta nella sua storia repubblicana l’esperienza del governo tecnico. Caduto il primo governo Berlusconi, è in sella a Palazzo Chigi il suo ministro del Tesoro Lamberto Dini. La politica continua a elaborare il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica (con la Svolta di Fiuggi è sancita definitivamente la nascita di Alleanza Nazionale) mentre con gli sviluppi di Mani Pulite si assiste al plateale colpo di scena del giudice Di Pietro che nel dicembre del 1994 dismette la toga.

Uno dei nomi di quell’inchiesta, Primo Greganti, fino al suo arresto del ‘93 un semplice funzionario del Pci-Pds che però espone il partito allo scandalo tangenti, colpisce un giovane cantautore romano. “Ecco, per esempio, puoi spiegarmi la meccanica dei quanti/di tutti quanti il vuoto, l’entropia, le donne, il baseball e la storia di Greganti” cantava Daniele Silvestri in Paolo, traccia del suo disco d’esordio. Il buon successo dell’album lo porta a Sanremo, categoria Nuove proposte, con L’uomo col megafono. Una chitarra elettrica, poche volte così centrale all’Ariston, introduce una canzone di protesta su qualcuno che, inascoltato, urla il proprio malcontento; il testo viene giudicato il migliore di quella edizione. L’appello “Compagni, amici…” dovrà aver fatto fischiare molte orecchie.

Aria 1999

Massimo D’Alema è presidente del Consiglio, il primo rappresentante di un partito della tradizione comunista a Palazzo Chigi. È l’anno dell’intervento della Nato nella ex Jugoslavia e dei bombardamenti su Belgrado con il coinvolgimento dell’Italia che mette a disposizione le sue basi aeree per i raid. A maggio ritorna l’incubo del terrorismo con l’omicidio D’Antona e Ciampi prende il posto di Scalfaro al Quirinale.

Quella del ‘99 è la prima edizione condotta da Fabio Fazio che adatta al festival la formula del suo modo di fare televisione: un contenitore di cultura popolare, comicità, nostalgia e i grandi nomi dello sport, della scienza e del cinema. Ci sono Michael Gorbaciov e Orietta Berti, Renato Dulbecco e Roberto Mancini. Ma il pezzo forte sono gli ospiti musicali, italiani e stranieri, da Battiato e Fossati ai REM, Cher e Mariah Carey.

In gara tra i big ci sono solo quattordici cantanti (vince Anna Oxa, Senza pietà) che saranno valutati anche una giuria di qualità presieduta da Ennio Morricone. Tra questi fa il suo secondo esordio a Sanremo Daniele Silvestri che si conferma un cantautore sensibile e una penna ricercata. Aria, il brano presentato, si classifica nono ma si aggiudica un doppio premio: quello della critica e quello per il miglior testo. Altro brano poco sanremese, va ad aggiungersi a quelle performance che, in più occasioni, hanno nobilitato il festival. Cantato in prima persona, Aria dà voce a un ergastolano del carcere dell’Asinara, ridotto a una bocca e due polmoni in attesa della morte: “Inspirare, espirare/inspirare, espirare/questo posso fare”.

Salirò 2002

Sanremo arriva quando l’Italia è in piena eccitazione morbosa per le vicende di Annamaria Franzoni e del delitto di Cogne avvenuto il 30 gennaio del 2002. Nelle tasche degli italiani tintinnano gli euro dopo il periodo transitorio di doppia circolazione con la lira finito il primo marzo. La sera del cinque marzo ecco nuovamente su Rai 1 Pippo Baudo al primo ritorno all’Ariston dopo sei anni. Ma è anche il ritorno di Benigni, alle soglie della conversione dantesca e animato dagli ultimi bollori del suo vecchio personaggio tv, quello del Sanremo 1980 per esempio, del Wojtylaccio e del bacio a Olimpia Carlisi. All’annuncio della sua partecipazione sbotta la disputa tra supporter e oppositori di Berlusconi a capo del suo secondo governo.

Prima della colonizzazione del festival da parte di X Factor e Amici di Maria De Filippi, nel Sanremo del 2002 sbarca il primo prodotto del primo talent musicale: le Lollipop, le Spice Girls italiane (con qualche anno di ritardo), uscite da Popstars. Arrivano giustamente penultime in un cast tipicamente baudiano (primi i Matia Bazar). Tutte canzoni rimaste negli archivi del festival a eccezione di una che fa veramente il botto: Salirò, ancora una volta premiata per il miglior testo. È un Daniele Silvestri diverso dalla precedente versione sanremese, con un brano apparentemente leggero, ritmato e ballabile, forse il suo più grande successo, col tema universale dei fondi da toccare prima di risalire.

La paranza 2007

Anno di cronaca nerissima. A gennaio Rosa Bazzi e Olindo Romano vengono arrestati per la strage di Erba del dicembre scorso mentre nei mesi successivi vengono compiuti due omicidi al centro di altrettante odissee giudiziarie: Garlasco e Perugia, Chiara Poggi e Meredith Kercher. L’anno si chiuderà poi con i sette operai morti nello stabilimento ThyssenKrupp di Torino.

A Sanremo torna Baudo per il suo secondo rientro da salvatore del festival. Per una volta le due canzoni vincitrici – Ti regalerò una rosa di Cristicchi e Pensa di Fabrizio Moro – resisteranno allo scivolamento nel dimenticatoio. Con loro di certo anche la canzone di Daniele Silvestri, La paranza. Un’esibizione più vicina alla precedente Salirò, con un testo ironico, tra rime e giochi di parole e una stratificazione di senso. I riferimenti alla cronaca nera e alla criminalità organizzata sono palesi e nascosti: il titolo, nella sua accezione di gruppo di malavitosi, ritornerà in un libro di Roberto Saviano, La paranza dei bambini, che proprio pochi mesi prima di quel Sanremo aveva debuttato con Gomorra.

A bocca chiusa 2013

Dal televoto al voto. Il festival cade in piena campagna elettorale per il rinnovo di Camera e Senato. Accanto agli schieramenti di centrosinistra e centrodestra compete per la prima volta il Movimento 5 Stelle. Inevitabilmente la politica entra all’Ariston con l’esibizione di Maurizio Crozza nei panni di Berlusconi nella prima serata. Dalla platea si alza la contestazione, il comico accusa il colpo: salivazione azzerata e il monologo non parte. Deve intervenire Fazio per calmare gli animi con la complicità della maggior parte del pubblico.

La partecipazione in gara con un doppio brano permette a Daniele Silvestri di esibire due anime del suo repertorio, quella più “impegnata” e quella più romantica e scanzonata. Convince il pubblico di più la prima: passa A bocca chiusa, che alla fine si classificherà sesta (appena sopra il suo amico Max Gazzè), mentre viene eliminata Il bisogno di te. L’uomo col megafono torna a protestare solo che ora lo fa “in mezzo all’altra gente/…/ché partecipazione certo è libertà ma è pure resistenza”. Un urlo che può essere represso ma non soffocato: “con solo questa lingua in bocca e se mi tagli pure questa/io non mi fermo, scusa/canto pure a bocca chiusa”.

Credit foto: Pixabay

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