Non ci saranno le Firebolts o le Nimbus 2000, ma il gioco reso celebre dalla saga di Harry Potter è realtà. Il Quidditch cosidetto “babbano” è infatti oggi uno sport praticato in tutto il mondo. Creato da acuni studenti del Vermont nel 2005 e formalizzato con la fondazione della IQA (Internazional Quidditch Association), fin dal 2011 è approdato in Italia con il solo ausilio di qualche video Youtube e pagina internet.   Lo scorso giugno Firenze ha ospitato l’ultima edizione dei Campionati Mondiali, conclusi con la vittoria della nazionale USA.

Come funziona? Due squadre di sette giocatori si affrontano su un campo rettangolare con tre anelli di altezza disuguale per parte. I tre cacciatori e il portiere delle due squadre si sfidano per lanciare la pluffa all’interno degli anelli avversari (ed evitare che entri nei propri), segnando 10 punti a realizzazione. I due battitori per parte si sfidano per il possesso dei bolidi e per lanciarli contro i giocatori avversari. Chi viene colpito deve lasciar cadere la palla (se posseduta) e tornare verso i propri anelli prima di riprendere parte al gioco. I cercatori infine si sfidano per la cattura del boccino, la quale vale 30 punti e la fine dell’incontro. Chi ha totalizzato più punti si aggiudica la partita.

Per farci spiegare il Quidditch e la sua storia “italiana”, ne abbiamo parlato con Giorgia Quinti ed Edoardo Rubino, cacciatrice e battitore della Nazionale Italiana Quidditch e dei Virtute Romana Quidditch. Con la loro squadra di club hanno conquistato per tre volte consecutive il titolo di Campioni d’Italia e hanno partecipato all’European Quidditch Cup

Giorgia Quinti
Edoardo Rubino

Quando una persona dice “Ho una partita di tennis, sono in ritardo” è subito chiaro come stia andando ad un circolo sportivo. Allo stesso modo, se qualcuno dice “Sono il Bianconiglio e sono in ritardo” o è drammaticamente ubriaco o sta andando al LuccaComics. Se invece nel 2019 qualcuno dice “sono un giocatore di quidditch”, dove sta andando?

Edoardo: se dovessi andare al LuccaComics sicuramente non sarebbe per giocare a quidditch. È vero che il quidditch sarà sempre connesso al mondo di Harry Potter, ma negli anni si è totalmente distinto da fenomeni tipici del mondo nerd come, ad esempio, il cosplay. Sono lontanissimi i tempi in cui qualcuno giocava a quidditch indossando i mantelli: il quidditch è oggi uno sport a tutti gli effetti, i cui giocatori si stanno sempre più raffinando tecnicamente ed atleticamente, in Italia come in Europa e nel mondo.

Giorgia: Ad oggi, dopo aver affermato di essere un giocatore di quidditch, mi starei dirigendo in un centro sportivo. Per i Virtute Romana è così, ma si è trattata di una piccola “conquista”, ottenuta col tempo e la costanza. Il quidditch infatti nasce come un movimento spontaneo, organizzato dal basso. Tutti, almeno in Italia, hanno iniziato allenandosi nei parchi pubblici. Oggi siamo invece arrivati, insieme ad altre squadre, a dotarci anche di uno statuto formale, costituendoci come ASD (Associazione Sportiva Dilettantistica). Un’evoluzione analoga ha riguardato anche l’organizzazione dei tornei ufficiali, promossi sia dall’Associazione Italiana Quidditch (AIQ) che dal Comitato Europeo.

Non esistono scuole-quidditch così come esistono scuole-calcio. Voi come siete diventati giocatori di quidditch? Come avete imparato il quidditch?

Giorgia: Io ho iniziato a giocare a quidditch da appassionata di Harry Potter. Ora però, tra le tante motivazioni per cui pratico questo sport, l’essere una fan della saga non c’è più.  Tutto iniziò nel lontano 2012, leggendo su Facebook di un torneo che si era svolto a Novegro. Inizialmente giocavo in un’altra squadra romana, ma poi ho deciso di fondare i Virtute Romana nel settembre del 2014.

In principio è stato molto difficile partire da zero, trovare giocatori, fissare gli allenamenti, reperire l’attrezzatura e capire come allenarsi in maniera efficace. Soprattutto era difficile, non essendoci precedenti su cui “studiare”, capire effettivamente come si giocava, quali tattiche e quali schemi mettere in campo.

Al primo torneo abbiamo partecipato in 8 e soltanto in due facciamo ancora parte della squadra. Tra giugno e ottobre 2015, grazie ai social, ma soprattutto al passaparola, abbiamo trovato diversi giocatori e si è solidificato il gruppo più cospicuo, che compone tutt’ora la squadra. Proprio grazie alla collaborazione di tutti è stato possibile scoprire e “inventare” gradualmente un nostro modo di giocare a quidditch.

Edoardo: io sono arrivato ai Virtute Romana proprio tramite il passaparola e in poco tempo mi sono innamorato dello sport e della sua comunità, indipendentemente da ogni interesse per la saga. Molti dei nostri compagni hanno iniziato a giocare a quidditch proprio senza essere fan di Harry Potter. Come ha già detto Giorgia la cosa più divertente è stata proprio imparare a “fare” il quidditch a 360° grazie alle idee e alla passione di tutti. Alla fine siamo tutti al tempo stesso giocatori, allenatori, preparatori atletici, organizzatori, magazzinieri…

È difficile trovare uno sport misto, figurarsi uno sport misto di contatto in cui sono previsti i placcaggi.  Quali sono gli sport “tradizionali” a cui il Quidditch è tecnicamente e culturalmente più simile? Cosa lo rendo unico oltre essere “lo sport di Harry Potter”?

Giorgia: Tecnicamente parlando, gli sport a cui più si avvicina il quidditch sono il basket, il calcio a 5 e parzialmente, la pallamano. Ad un primo impatto visivo ricorda in parte anche il dodgeball e il rugby.

Il nostro è uno sport misto e di contatto. Già questo lo rende unico in quanto non credo si sia nemmeno mai provato ad assemblare squadre miste di rugby, di calcio o di hockey. Molto spesso una certa consuetudine culturale può essere scambiata per una impossibilità fattuale: ragazzi e ragazze possono benissimo placcarsi a vicenda e noi infatti lo facciamo!

Un’altra importante caratteristica che rende unico il quidditch è la combinazione in campo di ruoli che hanno compiti tattici e logiche di gioco differenti.  I cacciatori, i battitori e il cercatore seguono regole diverse ed usano palle differenti (pluffa, bolidi, boccino) ma, allo stesso tempo, devono coesistere e coordinarsi per la buona riuscita delle azioni. Si giocano e si intrecciano diverse partite nella partita: questo rende il quidditch uno sport indubbiamente complesso ed articolato.

All’interno dell’ambiente del quidditch, anche durante i tornei e nonostante la competizione, si respira sempre un’aria di comunità, di sostegno e di inclusione. Ci piace pensare al “terzo tempo” dei rugbisti come modello per il nostro sport.

Pochi giorni fa la federazione di scherma francese ha istituito una nuova disciplina, ispirata ai combattimenti con la spada laser tra jedi e sith resi famosi dalla saga Star Wars. L’obiettivo è pedagogico: avvicinare i giovani alle discipline “serie” della federazione. Cosa ne pensate? Ci sono analogie con il quidditch, ma anche parecchie differenze…

Edoardo: trovo interessante che oltre a noi del quidditch qualcun altro sia riuscito a creare un vero e proprio sport da una saga. Credo però che l’obiettivo sia differente, perché il quidditch non ha lo scopo di fare da tramite per altri sport, ma mira a diventare esso stesso uno sport “serio” . Noi non vogliamo semplicemente sfruttare la notorietà della saga per ottenerne un vantaggio “pubblicitario”. Il nostro obiettivo è quello di diventare sempre più bravi nel fare quello che già facciamo, sia aumentando il livello agonistico sia incrementando la diffusione, l’organizzazione e la conoscenza della disciplina. E soprattutto speriamo di riuscire a farlo unendo, dal basso, le forze di tutti gli appassionati.

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