Perché nasce l’esigenza di portare il proprio partner a Temptation Island? Per imparare a “dominare la malinconia, per vivere emozioni, per seguire il cuore, per un viaggio nei sentimenti”. Una risposta plausibile, che riecheggia dall’aplomb di Filippo Bisciglia, presentatore del reality show ambientato a Villa Is Morus in Sardegna. Ma ne esistono altre, che parlano di ruoli stabili e trasparenti ad ogni costo. Senza quella fluidità che mina la spersonalizzata categoria di “vera donna” e “vero uomo”, perché il banco di prova sono i fatti (di)mostrati. Sono proprio loro a sancire una fedeltà la cui conseguenza prossima sarebbe il coronamento di un sentimento d’amore. A questo punto più visto che percepito, visceralmente.

Nel campo d’inquadratura delle telecamere e nei loro coni d’ombra che lasciano spazio ad un carico di “chissà cosa sta succedendo”, le sei coppie protagoniste dell’edizione 2018 di Temptation Island affidano il complesso di incertezze di cui non possono farsi carico e le frantumano dentro l’occhio dello schermo che riflette e propaga l’immagine di una evidente debolezza, con il potenziale da telenovela sudamericana. La verità è ostinata perché cercata di fronte agli occhi dei telespettatori che si immedesimano in questa abbronzata messinscena. La responsabilità del passaggio da sciupafemmine a padre di famiglia, da donna consumata di gelosia a fidanzata finalmente appagata dalle attenzioni del proprio amato si ammala di un criterio di assolutezza inesorabile, che non ammette panorami screziati.

Come era usanza per molte tribù che i giovani si sottoponessero, soli, ad una brutale prova di transizione verso la vita adulta, che testimoniasse la loro capacità di resistenza alle avversità del caso (in genere bestie feroci e intemperie), per ritornare vittoriosi nel proprio clan, investiti di quella complessa maturità da “vero uomo”, così il metateatro del reality è l’asse su cui l’amore viene sfidato nelle sfumature del suo declino. È proprio il rito d’iniziazione ideato secondo un certo canovaccio di personaggi fissi a infondere la certezza che, dopo questa pantomima mediatica, con i suoi picchi di tensione e tragedia, i traditori, non è ben chiaro se dei fatti immortalati in un video o dell’amore che ha sprigionato anni o mesi di relazione, saranno puniti. E si conserverà la certezza di avere accanto una vera donna o un vero uomo. Perché loro, i portatori di una sana verità, non hanno ceduto di fronte alle maschere di  “tentatori” e “tentatrici”. Questa, del resto, è una delle speranze più invocate di fronte ai falò di Temptation Island.

Dal sospetto alla gelosia, dal flirt con una single tentatrice all’ipotesi del tradimento, Temptation Island è allora l’attentato a quello spazio di imprevedibilità che impone una rigenerazione costante dell’amore in una coppia. La responsabilità di questo margine latente resterebbe un onere troppo importante da sorreggere. Perciò il dominio pubblico di questo rito tribale d’iniziazione per coppie diventa il rifugio sorvegliato del terrore dell’imprevedibilità altrui. La necessità di una verità ad ogni costo diventa talmente stringente da irrigidirsi nella ricerca dell’opposto di quel che si vorrebbe per la propria felicità, purchè il dubbio, come luogo di possibilità del darsi dell’individuo, non esista. Purchè ci siano (i fatti lo dimostrano) una “vera donna” e un “vero uomo”.

Federica Serafinelli studia Filosofia alla Sapienza. È appassionata di arte, piante esotiche, lunghe passeggiate in luoghi da esplorare e nei quali perdersi.

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