Piazza del Popolo unita. Piazza del Popolo, divisa. Congresso sì, congresso no. Il nuovo è Zingaretti. No, fermi tutti, torna Renzi. Ma c’è il conte Gentiloni, Poi arriva Minniti. Martina trafelato ricorda di essere segretario. Saviano da New York. Boldrini si siede sull’aereo, sì, no, forse. Dipende se c’è posto. Ieri Calenda, dal salotto di casa. Oggi, Fabio Volo dal salotto di Fabio Fazio. Domani chissà. Nomi su nomi che si rincorrono, mancando quello che sarebbe del leader perfetto. Il nome che non si osa pensare: Tina Cipollari.

Perché Tina sarebbe la leader perfetto della sinistra?

a) Donna – Finalmente si potrebbe competere ad armi pari con Germania e Inghilterra. Spiazzare l’atavico attaccamento maschile al potere. Rovesciare la condanna quasi ecclesiale che associa il dominio al maschile. Non c’è certezza del fatto che Cipollari premier scelga di declinare al maschile o al femminile le cariche. Su quello nel frattempo c’è chi se ne occupa. E non sia mai che una volta ci si riesca a occupare più della sostanza degli eventi che non della forma.

b) Popolare – In effetti questo sarebbe uno svantaggio più che una nota di merito. Con questa schiera di borghesi attenti al bene comune, pregni di moralismo più che di moralità (ma questa – si sa – è una distorsione figlia dell’indivia sociale che attanaglia la visione dei malpensanti), pensare a una persona del popolo a rappresentare il popolo sembra a pensarci bene qualcosa di rivoluzionario. Però chissà! Non sia mai che, dopo i salotti della Roma bene e della Milano produttiva, le piattaforme di intelligenza artificiale (o, forse, soltanto artificiosa) non si possa tornare alla veracità dell’essere semplicemente quello che si è.

c) Famosa – Questa pure è una caratteristica ambivalente. Famosa tra chi? Le casalinghe che guardano la televisione il pomeriggio, le persone anziane, i giovani che vogliono fare i tronisti e le ragazze che sognano un futuro in tv? Famosa al nord come al sud. Famosa, secondo la vulgata, tra le persone non troppo colte, non troppo ricche, non troppo qualcosa (manca sempre un pezzo di eccellenza a pensarci bene). Famosa tra le persone normali che sono l’Italia di oggi, che sono la maggioranza. Non sia mai a entrare in un dialogo reale con questi.

d) Madre – La camicia bianca d’ordinanza. Il completo grigio stazzonato d’appartenenza. La linea che non tiene. Ma no, la panza fa sostanza. E poi il curatore d’immagine. I tacchi a spillo. No, non è vero. Non conta la bellezza, conta la bravura. Anche qui, Tina sbaraglia tutti: madre, single, con i chili che l’età regala. Senza problemi. La vita scorre e cambia il corpo. Bene, è un’altra fase della vita. Nulla più. E allora una figura piena, materna non sarebbe meglio di uno scialbo conte (di nome o di fatto, alla fine, poco importa)?

e) Relativista – La vita è multiforme. Le storie si possono interpretare da tanti punti di vista. Ciò che è valido per uno, non è detto sia appropriato per un altro. La commedia umana che viene messa in scena ogni pomeriggio nelle case degli italiani è un esercizio di phronesis. Tina commenta, valuta, giudica. Bisogna essere comprensibili e, allo stesso tempo, inflessibili. Si tratta sulle forme con cui appaiono gli eventi. Si cerca di mantenere ferma la barra dei principi, non dandola troppo a vedere, perché altrimenti – una volta esposta – da punto di forza diventa debolezza. Nella vita, ma ancora di più nella politica. Tina, leader supremo in quest’ambito.

f) Poteri forti – Qui si entra nella dimensione del superfluo. Quale potere più forte di quello che è capace di creare e costruire a proprio piacimento la realtà? Maria De Filippi. Tina tratta, si confronta, scende a patti, rivendica, dissente e, tuttavia, rimane presente con il potere dei poteri. Non c’è complotto europeo, non c’è architettura plutocratica più astuta. Tina ha l’abitudine a trattare con il Potere mariano, al di là delle teorie dei giochi e, anche, dei videogiochi. E quest’abitudine potrebbe tornare molto utile.

g) Frase – Alla fine di tutto c’è poi l’argomento principe, supremo, sublime che si stagna solitario sopra ogni argomentazione, la frase di rottura dialogica: “Ciao Maria, io esco”. Basti immaginare, nei momenti più concitati, nei momenti più gravi, quando la storia incombe, arriva la frase che sistema tutto. La Germania fa i capricci sulla condivisione del debito, “Ciao Angela, io esco”. Gli Stati Uniti rivendicano la Sicilia per farne uno stato unico con Tunisia e Libia (più o meno come Federico II) e puntuale arriva “Ciao Donald, io esco”.  Silvio Berlusconi sarebbe già contento, perché tanto le televisioni non verrebbero toccate, quindi con lui non si discute. C’è la piattaforma e pure per lei un bel “Ciao Rousseau, io esco” (qui Voltaire e Diderot potrebbero prenderla male, ma bisogna sapersi accontentare).

“Ciao Europa, io esco”:  no, questa forse è degli altri.

Sì, a pensarci sarebbe la leader perfetta. E davvero è tempo di aver il coraggio di dirsi: “Ciao Pd, io esco”.

Credit foto: pagina Facebook Uomini e Donne

Salvatore Patriarca

Giornalista, filosofo, imprenditore. Il suo ultimo libro è Il digitale quotidiano (Castelvecchi).

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