Stadio Meazza. L’Inter torna in Champions League dopo sei anni. Il nuovo esordio è quello delle grandi occasioni: subito il Tottenham Hotspurs, la squadra londinese di Harry “Uragano” Kane, da anni abbonata alle prime posizioni nel campionato inglese, la fantasmagorica Premier League (forziere dei diritti televisivi a livello mondiale). Però l’evento sportivo viene alla fine vinto da un evento mediatico. La partita è superata dal racconto della partita. La telecronaca come sostitutivo dell’evento che genera cronaca. Cosa è accaduto? E cosa significa?

La partita

L’Inter arriva dall’imprevista sconfitta contro il Parma e con la totale sfiducia del pronostico. E la partita non sembra mettersi al meglio. La sfortuna si prende carico della deviazione di Miranda sul tiro non irresistibile di Eriksen e Handanovic è battuto. Inglesi in vantaggio e in controllo della partita. Ma i sessantamila di San Siro reagiscono con la forza del sentimento. Milano trema e toglie la terra sotto le gambe dei londinesi. Icardi la pareggia con un esterno destro, al volo, da fuori area, subito materiale per i filmati su Youtube. A due minuti dal fischio finale, in pieno recupero, Vecino la insacca di testa. È trionfo, delirio. È la poesia del calcio con la sua imprevedibilità.

Stesso stadio. Milan-Atalanta. Semplice partita di Serie A, ancora alla sua quinta giornata, importante come può esserlo una qualsiasi partita per una squadra che, come il Milan, ha ambizioni di grandezza. Novanta secondi dopo il fischio d’inizio, su un cross dalla trequarti, Gonzalo Higuain taglia verso destra e con una splendida girata al volo mette il pallone alle spalle di un impotente Gollini.

La telecronaca

Due partite, due situazioni sportive, completamente diverse, accomunate da un unico elemento: la coppia di giornalisti, Riccardo Trevisani e Daniele Adani, chiamati a farne la telecronaca. Da una settimana sono al centro dell’attenzione. Il mondo dei social non ha perdonato loro una colpa di cui si sarebbero macchiati al gol di Vecino, che completava all’ultimo minuto la rimonta dei nerazzurri nella partita di Champions League: l’essersi lanciati in un’esultanza apparsa a molti (juventini e milanisti) smodata e fuori luogo, più da ultras che da giornalisti. Commenti del tipo “Ma è Sky o Inter Channel?” o “Vergognosi, domani disdico l’abbonamento!” hanno riempito le bacheche. Le polemica scema e scompare quasi del tutto, quando la domenica sera, al gol di Higuain in Milan-Atalanta, l’esultanza dei due, di fronte ad un gesto tecnico da pelle d’oca, si rivela essere quasi del tutto analoga.

Chi racconta e cosa

Al di là delle critiche, dell’eventuale preferenza verso una squadra o l’altra, dell’effettivo tifo nascosto dei commentatori, rimane la questione della narrazione del fatto: come deve esser condotta la telecronaca di una partita?

È una questione rilevante soprattutto perché si è soliti dare per scontata una metodologia cronachistica (si descrive quello che accade) che scontata non è affatto. Cronaca è un termine dalla semantica complessa: a Roma era un genere letterario esplicitamente descrittivo che consisteva nella semplice annotazione, asettica e priva di ogni giudizio di merito, degli avvenimenti susseguitisi nel tempo, dunque secondo un criterio rigidamente cronologico. La cronaca giornalistica segue (o, almeno, dovrebbe seguire) la stessa impostazione: si ricostruisce, nel dettaglio e con rigore, un certo evento. Giudizi e opinioni sono rimessi, solitamente, agli editoriali. Basta aver visto cinque minuti di una qualsiasi partita per rendersi immediatamente conto che quella che viene chiamata tele-cronaca è tutto fuorché cronaca: la direzionalità cronologica incontra continuamente nel suo fluire dati statistici, ricordi, curiosità, giudizi, opinioni, commenti tecnici e impeti emotivi. Eppure la funzione giornalistica resta intatta. Com’è possibile tale trasformazione?

L’evoluzione del punto di vista

Ci sono tre elementi da tenere in considerazione. La vastità della platea: la cronaca è chiamata a raccontare in diretta una partita di pallone a milioni di telespettatori. La contemporaneità dell’evento: il coinvolgimento nel presente non riesce mai ad essere “freddo”, tanto per chi narra quanto per chi osserva. L’agonismo partecipativo dello sport: quando si gioca, sul campo, c’è bellezza in movimento, partecipazione, tensione, contrasto, semplicemente vita.

Tutti questi elementi sono racchiusi, a loro volta, dentro quel particolare tipo di intrattenimento che è un programma televisivo: la partita è un prodotto che una certa azienda confeziona e vende a un certo tipo di pubblico acquirente. La telecronaca non serve solo lo sport, ma anche il mercato.

La Rai, decenni fa, affrontava il racconto delle partite con un inscalfibile distacco cronachistico. Oggi invece i telecronisti urlano, a volte di più a volte di meno, a seconda dell’episodio che devono sottolineare, incorniciare, celebrare. Lo fanno perché sono innanzitutto entertainers, fanno parte di quello show che è la partita di calcio e devono farsi mediatori di ogni aspetto emozionale che nasce e si sviluppa all’interno dello stadio.

La critica a Trevisani e Adani parte da un presupposto sbagliato. I due cronisti di Sky hanno tifato Inter, è vero, ma l’hanno fatto come lo stadio, non con lo stadio. Il loro tifo non veniva da dentro ma dall’intorno e, aziendalisticamente, dall’alto. Hanno mediato emozioni forti, ma l’hanno fatto secondo una paradossale logica stringente, che non è quella del tifare o prendere parte. Bensì, quella del vendere.


 

Lorenzo Di Maria è laureato in Filosofia con una tesi sulla fine della storia e del politico in Alexandre Kojève. Ha pubblicato articoli per Globus, Players e Lo Sguardo.

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