La pagina Facebook “Gian Marco Saolini” è la caverna di un troll. I troll sono figure umanoidi e grottesche provenienti dalla mitologia e dal folklore nordeuropeo; abitano foreste e anfratti tenebrosi, si muovono ai margini della civiltà e non sopportano la luce del sole. Su internet e in particolare sui social network, i troll sono dei corruttori del contesto comunicativo: confondendosi nello sciame dei commenti e dei contenuti, il loro scopo è quello di sabotare la discussione, facendola degenerare nell’insulto personale o nella mistificazione dell’argomento. La loro deformità fisica vuole significare proprio una deformità del discorso online.

Ma il troll è un personaggio benevolo o maligno? Il troll è una figura ambigua: se il dialogo in cui interviene è effettivamente orientato all’intesa e governato dai principi che rendono ogni atto linguistico razionalmente accettabile (un contesto “habermasiano”), il troll è un provocatore inescusabile, che viola l’impegno comune alla verità oggettiva, alla veridicità soggettiva ed alla giustezza rispetto al contesto comunicativo. Al contrario però, se lo scambio in cui interviene è già corrotto, il troll non è più un provocatore, ma un rivelatore: portando alla massima intensità i meccanismi e gli atteggiamenti che affliggono negativamente la comunicazione e la comprensione, egli cerca di renderli evidenti e dunque (forse!) correggibili. Ciò che in dosi minori è un veleno, può (forse!) diventare una cura se assunto in quantità massicce.

Gian Marco Saolini è un troll del secondo genere, che definisce i suoi video come un “progetto di protesta sociale” contro la manipolabilità dell’opinione pubblica digitale. In particolare il 15 giugno 2018 ha pubblicato un video che ha ottenuto una diffusione notevole (5,5 mln di visualizzazioni, 160.000 condivisioni) in cui si finge l’ex-nostromo della celebre nave ONG Aquarius. Egli sarebbe stato licenziato perché voleva mostrare agli italiani le vere condizioni dei migranti a bordo: contro ogni narrazione dei media tradizionali, in realtà l’Aquarius è una sorta di nave da crociera, in cui i salvati dal mare si svagano tra open bar, giochi d’azzardo e discoteche. Al posto dell’emergenza umanitaria, la pacchia. Ma cosa rivela il video di Saolini sulla comunicazione online? E soprattutto, perché può risultare credibile e verosimile? Le caratteristiche essenziali su cui poggia il suo effetto-verosimiglianza sono l’immediatezza e la trasparenza, declinabili in due forme diverse e connesse:

L’immediatezza del contenuto

A livello de “che cosa” viene detto nel video si è posti davanti all’estremizzazione ed all’intreccio di due prospettive (o frames) molto comuni e radicate su questioni di attualità: a) i migranti come agiati passeggeri di navi da crociera e b) i media tradizionali come collusi con un potere censorio e diffusore di fake news. Se la prima prospettiva fornisce il vero e proprio contenuto “informativo” del video, la seconda ne costituisce la pretesa di verità: non c’è niente di meglio per una fake news che presentare le altre news come fake. Il testo del video assume così il tono della rivelazione privilegiata, del proiettare lo spettatore sulla scena per mostrargli esattamente ciò che molti già pensano di aver visto. L’obiettivo dell’intera operazione di Saolini è proprio quella di far venire meno nel destinatario la distinzione tra prospettiva e realtà, operazione cognitiva essenziale per il distacco critico, la discussione argomentativa e la comprensione dell’ironia. La prospettiva è trasparente, comprensibile e necessaria per poter parlare delle cose, ma è al tempo stesso sempre e solo una delle tante prospettive possibili per illustrare una realtà torbida, opaca e resistente alla comprensione. Qui invece la verità “ti” (proprio a te!) è data immediatamente ed è sensazionale e facile perché identica alla prospettiva, proprio come vorres”ti” che fosse: perché non crederle se è così facile e trasparente?

L’immediatezza della disintermediazione

Il video si apre con una presentazione: “Mi chiamo Giovanni Titori e sono stato…”: la rivelazione che scavalca il sistema mediatico e le sue censure non è soltanto detta, ma è personificata. Lo spettatore non è soltanto il privilegiato proiettato sulla scena, ma è anche direttamente posto faccia a faccia con il rivelatore. La sfiducia affermata nei confronti delle élite giornalistiche deve infatti implicare, come rovescio della medaglia, la fiducia nei confronti delle singole persone e nelle loro testimonianze. Testimonianze immediate, trasparenti, prive delle opacità introdotte nel discorso dalle cautele e dagli interessi di giornalisti e politici: solo le persone “normali” possono finalmente “dire pane al pane e vino al vino”, rivelandoci la vera verità delle cose.

Ma la rivelazione di Saolini è una finta rivelazione. O meglio, è una vera rivelazione circa l’impossibilità delle rivelazioni. Ma questa metarivelazione riesce nel suo obiettivo di demistificazione tramite l’iperbole o finisce solo per avvelenare ancora di più i pozzi? Un’ironia che mostra la difficoltà stessa dell’ironia (del distacco dall’immediatezza della comunicazione) è ancora ironia o rischia di diventare una terribile serietà?

Andrea Ferretti è laureato in filosofia con una tesi sul Senso Comune nel pensiero di G. B. Vico. È appassionato di calcio, folklori contemporanei e giochi di ruolo.

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