“Il reale è l’immaginabile e l’immaginabile è il reale”. Un Hegel-zombie, resuscitato dai marchingegni del dott. Frankestein, probabilmente biascicherebbe qualcosa del genere dopo aver ascoltato le ultime dichiarazioni del Presidente Trump e del Ministro Toninelli:

Per fermare l’emergenza migratoria in Spagna “basta costruire un muro nel Sahara, come quello che abbiamo fatto in Messico”

“L’obiettivo non è solo quello di rifare bene e velocemente il ponte Morandi, ma di renderlo un luogo vivibile, un luogo d’incontro in cui le persone si ritrovano, possono vivere, possono giocare, possono mangiare.”

Hegel-zombie non direbbe “irrazionale”, perché se c’è una cosa che unisce queste due frasi è il non essere irrazionali, anzi. Si tratta di affermazioni perfettamente razionali, ma che condividono un genere di razionalità che fa dell’illimitata pretesa di potere fantastico-trasformativo sulle cose il principio di costruzione della realtà umana. Le cose “non sono”, dunque “possono essere” fatte e disfatte a piacere: la loro norma è la mia fantasia. È così che Trump e Toninelli mostrano come la politica sia poesia totale, arte (da poiesis, che in greco indica proprio il “creare”, nel pensiero e nella realtà,  qualcosa che prima non c’era).

Il Muro di Trump

Ma come agisce questa ragione-immaginazione? Nel caso di Trump opera una completa orizzontalizzazione del reale, per cui le più complesse dinamiche storiche e geopolitiche seguono la stessa logica della più spicciola esperienza quotidiana. Del resto è così chiaro, immediatamente presente a tutti che se non si vuole che x si sposti dal punto A al punto B, la cosa più ragionevole  da fare sia inserire un ostacolo che vi si frappone. Funziona così per qualsiasi edificio privato, per i bagni pubblici, per i tornelli della metro… è evidente come debba essere fattibile ed efficace anche per il Sahara! Dall’immaginazione alla realtà: lo posso immaginare facilmente, dunque lo posso fare facilmente.

A questa prima analogia (la geopolitica è quotidianità) se ne somma poi una seconda, secondo la quale “tutto il mondo è gli Stati Uniti, ma in piccolo”: ciò che può esser fatto negli USA può esser fatto ovunque.  Ancora una volta, ciò che è più vicino “per me”, più facile da constatare “per me”, è la regola per tutto il resto. Non a caso il Tycoon ha aggiunto che “il confine del Sahara non può essere più lungo del nostro confine con il Messico”, senza considerare inoltre la differenza tra la natura politica del confine USA-Messico e la natura naturale del confine-Sahara, che include diversi confini politici sui quali gli stati europei non hanno alcuna sovranità. Per non parlare delle specificità del territorio, della sua reale estensione….

Oltre le molte considerazioni che potrebbero essere aggiunte, la natura della razionalità trumpiana è perfettamente rivelata da questo tweet:

Il Ponte Autostradale di Toninelli

Anche quella di Toninelli è una razionalità-immaginazione che vuole uniformare il reale al proprio modo di guardarlo. Come Trump estende la quotidianità alla geopolitica, così Toninelli estende la sua idea di città ad un ponte autostradale. Se per il ministro è necessario guardare oltre la funzionalità degli elementi architettonici, per giungere ad una visione integrale dei bisogni dell’uomo in relazione agli spazi urbani (la “vivibilità”), questa norma deve poter essere estesa direttamente e indistintamente a qualsiasi cosa.

Così anche un tratto autostradale, il cui fine è proprio quello di essere attraversato nel minor tempo possibile e nella massima sicurezza, diventa un luogo in cui ci si deve poter fermare. Paradossalmente la “vivibilità” del ponte, dovrebbe essere proprio quella di “essere vissuto il meno possibile”: prima arrivo a destinazione, più il ponte è a misura d’uomo. E invece l’immaginazione di Toninelli stravolge il concetto stesso di autostrada, mostrandolo come un luogo di aggregazione e socialità. Come fa a non venire in mente la prima scena di La La Land, in cui gli automobilisti in coda ballano sui tetti delle macchine intonando “It’s another day of sun”?

Ma appunto, si è nel campo dell’arte, della reinvenzione fantastica della realtà. È così che la politica, diventata essenzialmente comunicazione politica e passata “dalla rappresentanza alla rappresentazione” (citando Novelli), si trasforma alla fine in arte. Non si tratta di discutere una realtà già condivisa (i ponti si attraversano, i muri non sono lunghi 5000km), ma, semplicemente, di crearla. Sicché, davanti a questo ponte o a questo muro, si potrà affermare “oh, un Toninelli/Trump”, così come davanti a un campo di grano dipinto in un certo modo si afferma “oh, un Van Gogh”. Non è un caso se l’idea di Toninelli non sia  poi neanche tanto originale: la “carreggiata come piazza” era già stata mostrata dai pubblicitari del Cynar:

Credit Photo: pagina Facebook “Ministero dei Meme“. Si ringrazia inoltre il profilo Twitter “Mov. Arturo Piemonte” 

Andrea Ferretti è laureato in filosofia con una tesi sul Senso Comune nel pensiero di G. B. Vico. È appassionato di calcio, folklori contemporanei e giochi di ruolo.

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