Il mondo dei social media è in continua evoluzione. E, con esso, la trasformazione antropologica che i viventi di questa era stanno esperendo. Non si fa in tempo a mettere a punto un abitudine, pensando sia essa un caposaldo del nuovo modo di interagire, che subito ne appare un’altra che modifica in maniera complessiva i termini di inter-relazione.

Una delle novità più interessanti, introdotta qualche anno fa da Snapchat, che ha avuto immediatamente successo è stata quella delle stories, brevi filmati video che raccontano momenti salienti da condividere sulla propria pagina. Il riscontro imprevisto e positivo di questa nuova modalità di comunicazione ha spinto l’universo Facebook a introdurre sui propri canali lo stesso mezzo narrativo e le stories sono arrivate, oltre che sul social della F azzurra, su Messanger, Instagram e Whatsapp. E l’effetto è stato dirompente. A tal punto che Charlie Cox, Cpo (chief product officer) di Facebook, ha dichiarato nei giorni scorsi come, nel corso dell’anno, il format delle stories supererà quello del feed quale modalità preferita di condivisione dei contenuti con gli altri. I numeri sono impressionati: circa un miliardo di storie create al giorno con 450 milioni di utenti Whatsapp che quotidianamente ricorrono a questo format e oltre 300 milioni di iscritti a Instagram.

Questo sorpasso ha un significato diretto rispetto ai prodotti inclusi nei social media. C’è dunque da immaginarsi un’ulteriore spinta nella capacità di costruzione dell’immagine da parte degli smartphone con videocamere più sofisticate. E una parallela ricerca digitale nella creazione di una strumentazione video che possa aiutare a costruire storie più complesse e articolate, con maggiori effetti visivi e con aumentata capacita di raccontare l’esperienza dell’utente. È molto probabile infatti che le stories diventano la via di promozione della cosiddetta AR – augmented reality, “realtà aumentata”. Il passaggio dal riprendere visivamente ciò che accade a editarlo, rendendolo una realtà simbolica e trasfigurata non è poi così distante o remoto.

Il dominio della vista

L’altro aspetto che pone in evidenza questa repentina crescita delle stories è l’ulteriore accelerazione del carattere visivo che connota l’esperire dei social media, e più in generale quella del mondo digitale. Dei sensi di relazione con il mondo esterno, che già vengono da una profonda differenziazione evolutiva, la vista assume sempre più i tratti dell’imperatrice, considerando che quelli regali assunti fin qua cominciano a diventare limitanti. Caduti nel dimenticatoio esperienziale gusto e olfatto, rimangono gli altri due sensi a competere in qualche modo con la vista: il tatto e l’udito. Entrambi però si ha la sensazione che concorrano più che altro per arrivare alla posizione ancillare nei confronti del visivo. Quale sarà il senso che meglio saprà servire alla realizzazione dei compito visivi: il tatto, come avviene oggi con le tastiere dei computer o gli schermi degli smartphone, o l’udito, come avviene ancora nella comunicazione diretta e nella stessa costruzione dinamica degli assistenti personali (come Siri o Echo)?

Quale che sia il risultato di questo concorso per il secondo posto, è certo che al primo regna sovrana la vista che si andrà a confrontare con funzione visive più complesse nel loro articolarsi e con immagini sempre più ricche di informazioni.

Credit foto: Pixabay

Salvatore Patriarca Giornalista, filosofo, imprenditore. Il suo ultimo libro è Il digitale quotidiano (Castelvecchi).

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