
Stipendi d'oro per i chirurghi (www.popmag.it)
Il tema dello stipendio dei chirurghi in Italia è di grande rilevanza e suscita un dibattito acceso, non solo tra i professionisti del settore.
La questione economica è ulteriormente complicata dalla carenza di medici, una situazione che ha raggiunto livelli critici, specialmente dopo la pandemia di Covid-19. Molti chirurghi italiani, formati con ingenti investimenti pubblici, decidono di cercare opportunità più remunerative all’estero, aggravando un problema già esistente. Questa analisi si propone di esplorare i guadagni dei chirurghi in Italia, le differenze tra i settori pubblico e privato e quanto guadagnano i loro colleghi nel resto del mondo.
Stipendio dei chirurghi in Italia
Determinare lo stipendio medio di un chirurgo in Italia non è un’impresa facile, poiché varia in base a diversi fattori, quali l’esperienza, il settore di lavoro e la specializzazione. Recenti studi, tra cui un’inchiesta di Milena Gabanelli pubblicata sul Corriere della Sera, hanno rivelato che nel 2024 un primario di area chirurgica con oltre 25 anni di esperienza guadagna circa 8.600 euro lordi al mese, per un totale di 13 mensilità. Questi salari sono considerati bassi rispetto alla responsabilità e alla complessità del lavoro svolto dai chirurghi.
Per far fronte a stipendi non competitivi, oltre 40.000 chirurghi in Italia hanno optato per attività di libera professione, che consente loro di guadagnare mediamente 20.000 euro in più all’anno. Il vincolo di esclusiva, che limita la possibilità di lavorare in privato, varia anche in base all’anzianità, con cifre che vanno dai 246 euro per i neolaureati fino a 1.804 euro per i primari con lunga carriera. Un chirurgo neolaureato guadagna mediamente circa 38.000 euro netti all’anno, mentre lo stipendio medio di un chirurgo in Italia si aggira attorno ai 74.000 euro lordi annuali.
Nel settore privato la situazione è leggermente diversa: gli stipendi sono in media inferiori del 20-30% rispetto a quelli del pubblico. Un primario con oltre 25 anni di esperienza, infatti, guadagna circa 7.047 euro lordi al mese nel privato, evidenziando così un’ulteriore disparità retributiva.

Le specializzazioni chirurgiche influenzano notevolmente il potenziale guadagno. Tra i chirurghi più pagati in Italia, troviamo i chirurghi pediatrici, che possono arrivare a guadagnare fino a 250.000 euro all’anno. Seguono i neurochirurghi, con stipendi che possono arrivare a 180.000 euro, e i chirurghi ortopedici, che possono guadagnare fino a 170.000 euro. I chirurghi estetici, anch’essi molto richiesti, possono raggiungere i 160.000 euro annuali. Al contrario, un chirurgo di medicina generale può guadagnare circa 81.000 euro, una cifra significativamente inferiore rispetto ai colleghi specializzati.
Queste cifre evidenziano una netta distinzione tra le diverse aree della chirurgia, suggerendo che la scelta della specializzazione non solo riflette le inclinazioni professionali, ma ha anche un impatto diretto sulla situazione economica del medico.
Comparazione con stipendi all’estero
Quando si confronta il guadagno dei chirurghi italiani con quello dei loro colleghi all’estero, le differenze sono spesso strabilianti. Secondo studi recenti, un medico in Italia guadagna generalmente il 70% in meno rispetto a un medico in Germania. Le differenze retributive sono evidenti anche in altri Paesi europei: in Francia possono raggiungere l’85% e in Spagna il 41%.
Esaminando i dati globali, emerge un quadro ancora più allarmante: in Qatar, ad esempio, un chirurgo plastico può guadagnare tra i 25.000 e i 40.000 euro al mese, mentre un neurochirurgo può arrivare a guadagnare fino a 60.000 euro mensili. Negli Stati Uniti, un cardiochirurgo può incassare fino a 350.000 dollari lordi all’anno, mentre in Svizzera gli stipendi si aggirano intorno ai 300.000 franchi l’anno. Queste cifre mettono in evidenza quanto sia difficile per i chirurghi italiani competere in un mercato globale, dove le opportunità di guadagno sono decisamente più elevate.
La fuga di medici italiani all’estero rappresenta non solo una perdita economica per il sistema sanitario nazionale, ma anche una sfida per la salute pubblica. Il governo italiano sta cercando di affrontare questa crisi, proponendo modifiche al numero chiuso delle facoltà di Medicina per incentivare un aumento del numero di laureati in medicina.