Una delle risorse della pubblicità è quella di sfruttare e convertire al suo fine linguaggi, codici e valori provenienti dai più diversi ambiti dell’esperienza. La pubblicità è infatti un “vuoto” oggettivo di significato, trovandosi costantemente nella condizione di “dover dire” e di “dover persuadere senza però poter dire assolutamente nulla. Qual’è infatti la strategia migliore per convincere qualcuno a comprare qualcosa? Ovviamente spiegargli come quel particolare oggetto o servizio o esperienza sia a) vantaggioso in assoluto, b) migliore dei suoi analoghi concorrenti. Tuttavia, che senso ha chiedere all’oste com’è il vino? Nessuno. La pubblicità è così sempre nella condizione contraddittoria di non poter fare ciò che si propone di fare: una pubblicità è sempre un parlare vuoto. Ne segue che per raggiungere il proprio fine essa debba riempire questo vuoto percorrendo strade laterali, accidentali, sorprendenti ed imprevedibili.

Una delle strategie per superare il vuoto è parassitare aree dell’immaginario comune, cercando di imporre l’associazione tra il prodotto in questione ed idee e desideri già considerati veri ed accettati da buona parte del proprio target. Se infatti la pubblicità è sempre insincera (non può produrre delle “sue” verità), sembrerà non esserlo se dirà cose già accettate come vere in virtù di altre fonti. Queste altre fonti possono essere anche la politica e l’educazione scolastica. Un caso in cui questo meccanismo è stato usato in modo particolarmente sottile è quello dell’ultimo spot Chicco, intitolato su YouTube “baby boom”. Dietro al riferimento ai mondiali di calcio si nasconde infatti la traduzione a fini commerciali della retorica nazionalista novecentesca, sia nei suoi accenti letterari che in quelli più esplicitamente politici.

Com’è tristemente noto la Nazionale Italiana di calcio è stata esclusa dalla partecipazione al torneo di Russia 2018. La nostra squadra viene definita “la Grande Azzurra, conquistatrice di quattro mondiali”. Non si tratta di soltanto di una declinazione della frequente metafora “lo sport è una guerra”, ma della citazione puntuale (sebbene celata e tradotta nei termini calcistici) del celebre incipit del discorso tenuto da Giovanni Pascoli nel 1911 per sostenere la guerra coloniale in Libia: “la Grande Proletaria si è mossa” (e si è mossa proprio per conquistare). Nelle prime battute del testo il poeta insiste sulla popolosità dell’Italia: grazie alle colonie le masse italiane potranno espandersi ed emigrare senza dover uscire dalla nazione. Trattandosi di un testo famosissimo e molto frequentato nelle scuole superiori, risuona immediatamente (e inconsapevolmente!) un’idea nel destinatario italiano: la nazionale/nazionale italiana è vincente/conquistatrice in virtù della sua espansività demografica; è nell’essenza dell’italianità essere tanti ed espandersi.

Quando la nazione/nazionale è stata vincente è stata popolosa e l’essere vincente ha provocato ogni volta una nuova esplosione di natalità: questo è il circolo virtuoso tra potenza e quantità che ci insegna la prima parte dello spot. Ora però la nazione/nazionale è debole, dunque bisogna invertire la rotta con atto di volontà: dobbiamo fare un nuovo baby boom. “Abbiamo bisogno di bambini […] che ci aiuteranno a crescere, portando l’Italia dove è giusto che stia […] moltiplichiamoci all’INFINITO”.  Benito Mussolini, nel famoso Discorso dell’Ascensione del 1927, afferma che: “dato non fondamentale ma pregiudiziale della potenza politica, e quindi economica e morale delle Nazioni, è la loro potenza demografica. […] Signori, l'Italia, per contare qualche cosa, deve affacciarsi sulla soglia della seconda metà di questo secolo con una popolazione non inferiore ai 60 milioni di abitanti. […] Di qui la tassa sui celibi, alla quale forse in un lontano domani potrebbe fare seguito la tassa sui matrimoni infecondi.” Oltre l’aperta analogia concettuale, l’unico (ironico) rovesciamento sta nel fatto che se per Mussolini chi non figlia paga, per la Chicco la speranza è proprio che chi figli paghi, acquistando i suoi prodotti.

Compreso cosa dobbiamo fare, perché farlo? “Facciamo per l’Italia, facciamolo per amore o semplicemente per il piacere di farlo”. La traduzione pubblicitaria del vecchio nazionalismo non può evitare di tingerlo di edonismo, ovvero dell’unico tratto ideologico proprio della pubblicità. Per vendere la procreazione, non si può presentarla soltanto come un dovere patriotico, un sacrificio, un ideale (solo noi possiamo “segnare i goal per l’Italia”), ma deve essere anche la soddisfazione di un piacere. Davanti a questa rarissima congiunzione delle due cose, non resta che mettersi tosto all’opera.

In un clima politico segnato da nuove forme di nazionalismo (che esplicitamente nulla hanno a che fare con le politiche demografiche del passato), riattingere e tradurre pubblicitariamente temi cari al vecchio nazionalismo è una strategia di marketing possibile. L’unico scoglio sta nella realtà, ovvero nella Croazia finalista dei Mondiali nonostante i suoi soli 4 milioni di abitanti. Nel calcio si gioca comunque in 11 e la quantità non serve a niente senza la qualità. Ma infondo non importa, perché quello pubblicitario è il discorso vuoto, per definizione.

Credit photo: screnshot dal video Youtube della pubblicità Chicco "Baby Boom"

Andrea Ferretti è laureato in filosofia con una tesi sul Senso Comune nel pensiero di G. B. Vico. È appassionato di calcio, folklori contemporanei e giochi di ruolo.

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