È uscito nelle sale americane (e in anteprima al SEEYOUSOUND International Music Film Festival di Torino) il film Lord of Chaos, la pellicola (tratta dall’omonimo libro) che racconta la controversa vicenda della nascita, della morte e della glorificazione, della scena black metal norvegese, che anticipa alcuni tratti della contemporaneità su cui vale la pena soffermarsi.

La storia comincia a metà anni ottanta, Øystein Aarseth (in arte Euronymous), ancora teenager, fonda i Mayhem, band attorno alla quale si svolgono gli eventi raccontati nel film e pietra sulla quale verrà edificato il fenomeno culturale cui diede inizio. Il primo evento che consegnò la band alla storia fu il suicidio nel 1991 del suo frontman, Per Yngve Ohlin. Euronymous, trovando il corpo del compagno deceduto pensa bene di fotografarlo: quella fotografia diverrà la copertina di un loro live album. Gli altri membri della band sono piuttosto scossi, due lasciano il progetto e i Mayhem interrompono la loro attività.

A quasi un anno di distanza due nuovi elementi si uniscono alla band, ricominciano i concerti e le registrazioni in vista della pubblicazione del loro primo album, ma anche le tensioni e i problemi. Uno di loro, Louis Cachet (nato Kristian Vikernes, ai più noto col nome del suo progetto solista, Burzum) costituisce l’altro grande protagonista di questa storia. Insieme a Euronymous ed altri ragazzi appartenenti alla scena black metal di Oslo, si fa promotore di atti vandalici ai danni di chiese cristiane, vengono dati alle fiamme diversi luoghi di culto, sulla scia di un risentimento anticristiano di matrice neopagana e dai tratti vagamente nazionalistici.

La polizia inizia ad indagare, Burzum verrà preso sotto custodia e rilasciato per mancanza di prove. La notorietà del fenomeno cresce, ma con essa anche le attenzioni indesiderate. Il rapporto fra i ragazzi si incrina fino ad arrivare all’omicidio di Euronymous ad opera di Burzum il 10 agosto 1993. Il 19 agosto Burzum viene arrestato, la condanna, emessa nel maggio 1994, sarà di ventuno anni, per incendio doloso e omicidio. Il giorno della sentenza altre due chiese vengono date alle fiamme, in quello stesso mese il batterista dei Mayhem rilascerà il loro primo album (De Mysteriis Dom Sathanas).

L’attività di Burzum non si conclude, continua a pubblicare dal carcere vecchio materiale precedentemente registrato, tenta una fuga, pubblica libri di mitologia pagana e rafforza le sue idee razziste, sostenendo la supremazia della razza europea. Esce di prigione nel 2009, si sposa, fa figli e nel 2013 apre un canale YouTube in cui parla degli argomenti più vari, dall’etnografia comparativa alle regole per vivere una vita semplice e felice, lontano dai mali del capitalismo e della civilizzazione, dai giochi di ruolo ai consigli sul come trovare una brava ragazza bianca e sposarla. Ad oggi Burzum è uno youtuber di successo con più di duecentomila iscritti e, attraverso questo social, ha criticato più volte l’uscita del film e il suo regista, reo, oltre che di aver scelto un interprete di nome Choen per la sua parte, di aver infangato il suo buon nome.

Ma qual è il filo rosso che collega la militanza in una delle correnti di musica underground più violente degli ultimi decenni, il suprematismo razziale, la lotta ad una civilizzazione concepita come corrotta e l’odio per una pellicola hollywoodiana? In primo luogo, la logica apocalittica dell’assedio, una cosa paradossalmente molto cristiana. Questi fenomeni socio-apocalittici condividono la dimensione della marginalità, una marginalità informata da una specifica conoscenza (musicale, storica, antropologica, esperienziale), che permette agli adepti di concepirsi come eletti (tratto tipico delle eresie gnostiche), superiori ad una maggioranza esclusa che li pone in condizione di assedio. L’altro tratto peculiare è proprio questo sindrome dell’accerchiamento: la comunità eletta è sempre in una situazione di cronica sconfitta, underground contro mainstream, vita autentica contro civilizzazione innaturale, bianchi europei eterosessuali contro tutti gli altri, e questo espone (involontariamente?) il messaggio di cui è depositaria al rischio di un’appropriazione indebita, soprattutto in prospettiva etica e politica. Il terzo tratto è il più noto, e insieme il più controverso: il sacrificio del segreto, vale a dire la violenta scomparsa della comunità che, con quest’azione estrema, mette in salvo la sacra purezza della conoscenza raggiunta.

Nel film questi elementi vengono processati con una certa precisione. Il fatto storico, culturale e personale viene trasfigurato in ambito rappresentativo e fissato su di un supporto digitale. Si rompe così l’indisponibilità necessaria all’autenticità di quel fenomeno che, se fino ad ora è sembrata essere la scena black metal norvegese, si palesa in realtà come la vita stessa di Burzum. E qui si arriva la parte più interessante, un rovesciamento teorico che merita di essere evidenziato: Burzum, pagano e primitivista convinto, si trova espropriato di sé stesso, cristianizzato e messo al lavoro da quelle stesse logiche rispetto alle quali, in via contrappositiva, ha costruito la sua presunta contro-identità, che alla fine perde ogni dimensione “contraria”, viene riassorbita nel grande filone redentivo e riduce la sua capacità rivoluzionaria nella rottura dello spazio etico dell’altro.

Credit Photo: Instagram account lordofchaosthemovie

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