Parliamo di Starbucks e quindi parliamo di mare. Già, non di caffè e ciambelle: di mare. Intanto perché Starbuck è il secondo in comando sul Pequod, la nave dove si imbarca Ismaele, la nave di Ahab, alla ricerca della balena bianca. E poi perché il logo di Starbucks, la catena americana di caffetterie arrivata recentemente anche a Milano, ha al centro una raffigurazione della Mixoparthenos. Una variante lo si può rintracciare nella leggenda delle Melusine a coda bifida.

Julius Hübner, «Die schöne Melusine»

Non una sirena qualsiasi ma l’Echidna che seduce Eracle nell’Ilea, regione del Ponto Eusino, e stringe con lui un patto: il semidio giacerà con lei per avere indietro dei cavalli. Una donna e una regina, cosa impensabile per i greci e per Esiodo – come scrive Luciano De Fiore nel suo bel Anche il mare sogna – , per il quale il genere femminile costituisce una «razza maledetta».

il primo logo di Starbucks nel 1971 raffigurava una Echidna

Con le Sirene e con le Arpie la Mixoparthenos ha però una cosa in comune, è una creatura teriomorfa: metà donna e metà animale (serpente). Viene rappresentata con due code che le si attorcigliano intorno. Insieme ad Eracle, ha dato alla luce Agartiso, Gelono e Scite che fondò la stirpe degli Sciti, nemici giurati dei Greci. Poi nel 1971 a Seattle Jerry Baldwin, Zev Siegl e Gordon Browker fondano Starbucks e scelgono questo nome e questo logo, un mostro con seni e ombelico in evidenza: due luoghi espliciti dell’identità sessuale femminile.

nella versione del 1987 i seni dell'Echidna sono coperti ma resta visibile l'ombelico

Nel 1987 il primo restyling. Delle lunghe chiome vanno a coprire i seni dell’Echidna. Il cambio di stile è stato voluto per sottolineare la fusione con Il Giornale Coffee House.

Nel 1992 sparisce l'ombelico e a stento si notano le code

Nel 1992 sparisce l’ombelico. Le code sono appena visibili. Poco rimane di quella femminilità perturbante, di quell’altro per eccellenza che rappresentava la Mixoparthenos: altro rispetto alla cultura logocentrica tutta votata al maschile, una figura che oppone il canto alla parola, che rappresenta la sfida del due rispetto all’uno (nel greco di Omero delle sirene si predica il duale).

logo attuale di Starbucks

E poi nel 2011, sotto la spinta di una pressione moralizzatrice, sparisce anche il nome. L’Echidna è stata ammaestrata. La Mixoparthenos edulcorata. Delle grandi seduttrici che ostacolano il ritorno di Odisseo non c’è più traccia. Di quell’altro tipo di donna che è la vergine eterna contro la sposa-madre, della tentatrice perpetua, dell’ibrido che lotta contro l’intelletto razionale che non sopporta la contraddizione, non più la sagoma. Così, in poco più di quarant’anni, la storia di un logo diventa la storia del mito che precipita nel brand. Un concetto che si sovrappone a quello, per dirla in italiano, di simulacro: un’immagine senza rapporto di identità con l’originale, una copia senza alcun legame col prototipo. Perciò la Mixoparthenos di Starbucks è l’immagine di qualcosa che non esiste (più). E per questo una Echidna può vendere caffè, agli italiani. Anche se data la provenienza sarebbe stato meglio ghiaccio, agli eschimesi.
Matteo Sarlo è nato a Roma nel 1989, dove vive e lavora come Editor. Nel 2018 ha pubblicato Pro und Contra. Anders e Kafka. Ha scritto per diverse riviste filosofiche, di critica cinematografica, viaggi, cronaca e narrativa urbana. È fondatore di Globusmag.it

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