LeBron James passa dai Cleveland Cavaliers ai Los Angeles Lakers. Cristiano Ronaldo lascia il Real Madrid per andare a giocare nella Juventus. Roger Federer stringe un accordo per il suo abbigliamento con i giapponesi di Uniqlo. Tre decisioni di marketing, alcune con riflessi sportivi, altre senza, che confermano come gli sportivi siano la nuova frontiera che pacifica l'immaginario collettivo. Perché questo?
 

Lo sport
Il punto d'avvio di ogni considerazione potrebbe essere quello relativo alla diffusione televisiva degli sport: gli atleti hanno conquistato la televisione, vengono visti più spesso e sono diventati i nuovi eroi della contemporaneità. Questo è vero e rappresenta la base quantitativa del rinnovato interesse per coloro che praticano sport.

Rimane tuttavia aperta la questione differenziale: perché gli sportivi sono preferibili, come ambasciatori di marchi e prodotti, agli altri? Anche gli attori sono sempre più visibili a livello mondiale, le modelle o, più di tutti, le pop star. E tuttavia sono gli sportivi a emergere.
 

L'azione
Il tratto essenziale che differenza chi eccelle nello sport da tutti gli altri appartenenti allo star system è che lo sportivo fonda la sua notorietà nell'azione e non in un sistema plurimo di talenti (soggetti alla valutazione esterna) e di valori (soggetti alla condivisione).

Chi fa più punti in una partita, chi segna più gol, chi vince più titoli dello Slam tennistico si colloca in una dimensione la cui contestabilità è ridotta. Si tratta di fatti. Sono lì, sono accaduti, non bisogna essere d'accordo o meno. Si può avere più o meno simpatia per un singolo sportivo. Si può tifare od odiare la squadre per la quale gioca, e questo colora emotivamente la percezione. Non si può disconoscere l'avvenimento in quanto tale.
 

Eroe sportivo
Questo fondamento nel fatto sottrae lo sportivo alle contestazioni prospettiche che, soprattutto nell'era dei social media dove ognuno esprime il proprio punto di vista, invece colpiscono gli altri protagonisti dell'immaginario collettivo. A livello puramente esemplificativo le riserve che si possono esprimere sulle modelle tocca la questione dell'immagine del femminile che promuovono; quelle relative alle popstar riguardano i contenuti che caratterizzano le loro produzioni; lo stesso si può dire per gli attori cinematografici o per i personaggi televisivi. Tutti coloro che attingono a un orizzonte valoriale e lo rappresentano misurano la loro universalità in base all'estensione di quell'orizzonte.

Lo sportivo agisce. Primariamente. Il resto accade, ma non è rilevante. Si può essere eroi banali a livello di vita privata come Federer, eroi lussuosi e ambigui come Cristiano Ronaldo, eroi unidimensionali come LeBron James, eroi contestati come Tom Brady. Cambia poco. Il rovesciamento di priorità tra azione e personaggio è la chiave che muove il marketing della contemporaneità.
 

Limite
Si mostra in questa dinamica un elemento interessante. In un mondo in cui tutto è condiviso e oggetto di valutazione, esiste nella figura dell'eroe sportivo un limite di valore: la persona privata che vive la propria vita è meno rilevante del personaggio che agisce nel campo di gioco. C'è una costruzione di oggettività, al momento ancora non del tutto chiarita, che si configura come un limite, un baluardo sul quale ricostruire una visione comune, un sentire che non si parcellizzi nelle distinzioni che ogni singolo si sente in diritto di esprimere.

Che sia un'inversione di tendenza nella confusione tra pubblico (l'azione sportiva) e privato (la personalità dello sportivo), è difficile affermarlo. Che sia una via attraverso la quale si facilita la comunicazione di messaggi pubblicitari e di prodotto, è una dimensione chiara.

Credit foto: pagina Facebook LeBron James

Salvatore Patriarca Giornalista, filosofo, imprenditore. Il suo ultimo libro è Il digitale quotidiano (Castelvecchi).

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