Secondo Ming-Chi Kuo, leaker indiscusso per i prodotti Apple, il nuovo iPhone X da 6,5 pollici aggiungerà una sfumatura oro alle classica cromatura bianca e nera. Il prezzo, sui 1000 euro. Poi ci sarà un iPhone Low Cost a “soli” 700 euro circa in argento, bianco, blu, rosso e arancione. La strategia ricorda quella (fallimentare) dell’iPhone 5c – quando ad essere bianco, nero e oro era invece l’iPhone 5s. Sempre colorato, sempre Low Cost.
Entrambi i nuovi modelli dovrebbero essere in uscita per l’autuno 2018.

Ad oggi ci accontentiamo del vecchio-nuovo iPhone X. Schermo Oled, niente cornice e 1359 euro di spesa (per la versione da 256 gb ma che fai, a questo punto).
Come spiegare allora l’assalto agli Apple Store di tutta Italia, in una nazione che sogna il reddito di cittadinanza?
Si dirà: la moda e le sue perversioni. Sbagliato. Il fatto è che anche i jeans Philipp Plein a 500 euro (meno della metà dell’iPhoneX) sono una moda, ma nessuno – meglio, quasi nessuno – si sognerebbe di comprarli.
Escluso il fattore moda, allora, cosa muove questa massa di persone che nemmeno l’ultimo concerto di Bono Vox?

Un passo indietro: Walt Whitman
Qualche tempo fa, per pubblicizzare l’uscita del nuovo modello di iPad, la Apple girò uno spot che spiega perfettamente il punto della questione.
Per tutto lo spot la voce ripete il monologo del professore di letteratura John Keating, interpretato da Robin Williams in Dead Poet Society, che a sua volta cita il poeta Walt Whitman. Il monologo è questo:

La spiritualizzazione
Ecco il punto: non si tratta più – come è stato fatto dalla filosofia del Novecento– di invidiare la tecnica in quanto perfetta in opposizione alla vita. L’oggetto tecnico ne ha ormai assorbito la spiritualità. Cioè,  mentre l’oggetto modernista voleva imporsi contro la natura, l’oggetto della tecnica nell’epoca del postmodernismo tende a scomparire. L’iPad è un oggetto che tende a nientificarsi. Se potesse, preferirebbe non esserci affatto. E non è un caso che il nome scelto per un modello di iPad, come anche quello per i computer portatili della casa di cupertino, sia proprio air, rimando polisemico da un lato alla naturalità assorbita e dall’altro alla sua leggerezza, astrattezza, volatilità. L’iPad è sempre più sottile e se potesse diventerebbe un pensiero.

Gli Apple Store sono le librerie 2.0
Eccolo il motivo allora delle file chilometriche. Perché l’assalto agli Apple Store non è il counting di quanti nerd ci siano in Italia, ma la manifestazione di uno slittamento culturale. L’assalto agli Apple Store dimostra come quello spazio sia una riconfigurata libreria nell’era della cultura 2.0. Lo spazio dell’Apple Store, metaforico e metonimico, diventa l’unico modo, quello indotto, quello egemonico naturalmente, che si ha per spiritualizzarsi.
La merce diventa la chiave d’accesso non all’immortalità della tecnica, motivo per cui i divi della prima Hollywood sarebbero i nostri modelli, riuscendo nell’impresa di serializzarsi come cose, ma al sognato, onirico, letterario, mondo dello spirito.

Dal Flaneur all’iPhone X: la merce come seconda pelle
Perché se Walter Benjamin nei Passages ravvisava già, con le grandi esposizioni universali, con l’apertura dei primi grandi magazzini nelle metropoli, una mutazione nella figura del flâneur, da quello solitario per le strade di Parigi ad uno nuovo, sdradicato, che non si sente a suo agio né nella sua classe né nella sua patria, ma solo nella folla, oggi il rapporto con la merce ha subito un’ulteriore mutazione. Dal collezionista che investe privatamente la cosa dei suoi sentimenti all’esibizione pubblica e fantasmagorica della merce che investe tutta la città, oggi siamo difronte ad un ulteriore passaggio: l’acculturazione della merce come seconda pelle.
La fantasmagoria della merce del flâneur di Benjamin raggiunge oggi la sua trasfigurazione: l’iPhone è il solo modo che ho di divenire, finalmente, anche io, un poeta. L’iPhone è il solo modo che ho di divenire Walt Whitman.

CREDIT PHOTO: sito Apple

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